McDonald’s a Expo 2015: leggere la risposta di Slow Food è come guardare un film già visto

McDonald’s a Expo 2015: leggere la risposta di Slow Food è come guardare un film già visto

Dopo la nostra intemerata per la partecipazione di McDonald’s a Expo 2015, ci attendevamo una presa di posizione da parte di Slow Food, associazione che per prima dovrebbe alzare la mano (o sbattere i pugni sul tavolo) in merito alla decisione di acquisire McDonald’s come sponsor ufficiale di Expo2015. (Promemoria: Slow Food viene fondata nel 1986 anche per reazione all’apertura di un McDonald’s a Roma).

se l’obiettivo è quello di riuscire a garantire cibo sano, sicuro e sufficiente per tutti i popoli, nel rispetto del Pianeta e dei suoi equilibri, che diavolo significa che McDonald’s e Coca Cola sono sponsor ufficiali dell’Expo 2015” ci eravamo domandati; e l’avevamo domandato via Twitter anche a Slow Food.

[related_posts]

Slow, ma la risposta è comunque arrivata in un post sul blog ufficiale intitolato “McDonald’s tra gli sponsor dell’evento: Expo si trasforma in un campo di battaglia”.

Un testo in cui Slow Food sembra effettivamente alzare la mano per dire la sua prendendo posizione contro questa scelta poco slow e molto fast di “mcdonaldizzare” l’esposizione universale, grassettando frasi come “In questa ottica, la presenza di McDonald’s suona più come un autogol clamoroso che non come una affermazione del diritto di confrontare liberamente le varie tesi, che Expo vorrebbe garantire”, elencando una serie di ragioni per le quali il coinvolgimento della multinazionale USA andrebbe deprecato.

Eppure… eppure l’alzata di mano di Slow Food ci lascia l’amaro in bocca, viziata da una leziosità e un formalismo che sanno tanto di lezioncina imparata a memoria, copione di circostanza, canovaccio prevedibile e reazione telefonata.

Non so, un po’ come quando guardate un film che avete già visto e non c’è gusto, sapete come andrà a finire. O come quando fate una promessa alzando la mano destra mentre tenete le dita incrociate dietro la schiena con la sinistra.

Le rimostranze di Slow Food sono abbastanza scontate e sembrano più un esercizio di retorica necessario a preservare un’etichetta di facciata, che per forza deve scagliarsi contro  il fast, altrimenti che razza di slow sarebbe?

La realtà è che McDonald’s o no, uno sponsor alla fine vale l’altro e non saranno certo i Big Mac ad impedire a Slow Food di (auto)celebrare la conquista di uno spazio all’Expo2015 pari a 3.500 metri quadri, spazi conquistati in nome delle biodiversità che racconteranno “una storia completamente diversa: quella di un pianeta che può e deve nutrirsi salvaguardando la biodiversità, tutelando le piccole produzioni, promuovendo il rispetto nei confronti delle risorse naturali e delle comunità contadine”.

Uan storia diversa o forse sempre la stessa storia, raccontata solo con parole diverse?

L’idea che la creatura di Carlo Petrini sia oggi un’utopia dietro la quale si nascondono gli stessi meccanismi del sistema che Slow Food vorrebbe debellare non è nuova.

L’abbiamo già affrontata in passato e giusto recentemente altre voci si sono sollevate, come quella di Confagricoltura, secondo cui il modello predicato da Petrini, come attività culturale, sociale e qualitativa è sbagliato ed è “un’utopia, che ha appeal mediatico, ma che non esiste – In Italia tutti parlano di agricoltura, meno chi ci è dentro: dobbiamo ripartire, sfruttando l’occasione dell’Expo”.

Appeal mediatico. Ecco quello che sfrutterà anche Slow Food all’Expo.

Slow Food punta il dito verso il nemico e ne invoca la disinfestazione ma per riuscirci non può altro che rivolgersi alle stesse dinamiche che sorreggono l’avversario; accade così per gli anti-virus, che necessitano obbligatoriamente di un virus per ottenere la loro ragion d’essere, e del denaro necessario per valorizzarla.

Perché “Fast” o “Slow” che sia, sempre di “food” stiamo parlando e anche se il “food” spesso puzza, il denaro che genera non puzza mai.

La presa di posizione di Slow Food invece puzza di manierismo, di circostanza e di barocchismo in cui la forma domina sul contenuto e dove il brand e il marchio svettano sulla credibilità.

Nel frattempo possiamo prendere in prestito le stesse parole di Slow Food e sostenere che il suo intervento ufficiale “suona più come un autogol che non come una affermazione del diritto di confrontare liberamente le varie tesi, che Expo vorrebbe garantire”.

Pubblicità McDonald's

Ah, a proposito di autogol, ma ne vogliamo parlare del progetto Fattore Futuro, degli spot e dei visual di McDonald’s per la sua iniziativa “Sosteniamo gli Agricoltori Italiani”? Viene voglia di scagliare un’aratro contro lo schermo guardando la fiera rappresentazione dell’agricoltore italiano tipo con nell’ordine:

— camicia a quadri da boscaiolo prestato all’agricoltura
— bretelle rubate durante la naja
— jeans anonimi recuperati alla Caritas
— bastone della terza età (forse una zappa)
— sguardo a metà fra il truce e il tenero

Una roba che starebbe benissimo sulla pagina Facebook “Sesso Droga e Pastorizia”. Giuro.

[Crediti | Link: Dissapore, Twitter, Slow Food, Il Sole24Ore, Ansa, Facebook]