Glifosato: perché quella contro Monsanto è una sentenza storica

Glifosato: con una sentenza storica, un giudice californiano ha ordinato alla multinazionale Monsanto di risarcire con 289 milioni di dollari un giardiniere americano che si è ammalato di tumore dopo l’uso di erbicidi contenenti il pesticida

Glifosato: perché quella contro Monsanto è una sentenza storica

Il tribunale di San Francisco ha condannato il gigante dell’agrochimica Monsanto a risarcire con 289 milioni di dollari (l’equivalente di 253 milioni di euro) Dewayne Johnson, malato di cancro alla pelle, riconoscendo la natura cancerogena del glifosato contenuto nel diserbante Roundup.

L’uomo, 46 anni, ex giardiniere, aveva scoperto di essere malato nel 2014 ed è stato il primo a intentare una causa contro il colosso, nel frattempo acquistato definitivamente da Bayer nel giugno scorso per 63 miliardi di dollari complessivi.

Dopo Johnson altre 5000 persone hanno avviato cause simili: la prossima inizierà in autunno a Saint Lewis in Missouri.

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Nel frattempo Monsanto ha reso noto che farà ricorso contro la decisione del tribunale di San Francisco perché non ha mai ritenuto il diserbante cancerogeno.

Venduto in tutto il mondo da diverse aziende, non più soltanto dalla Monsanto a cui fino al 2001 apparteneva il brevetto, si stima che il glifosato sia contenuto in almeno 750 prodotti disponibili, principalmente cotone, mais e soia. Il tipo di utilizzo è soprattutto agricolo: costa poco e si trova facilmente anche se spesso non si pensa alla tollerabilità sviluppata dalle piante.

Nel 2016 sono state trovate tracce di glifosato in quattordici birre tedesche, da Beck’s a Paulaner, ma in precedenza la presenza del diserbante è stata rinvenuta in una serie di alimenti: patate, ortaggi, cavolfiori, lenticchie, porri, frumento, avena.

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Le procedure di valutazione dei rischi da glifosato condotte in passato sia dall’Agenzia per i tumori ONU sia dalle Agenzie europee per la sicurezza alimentare, sono arrivate a risultati discordi.

L’Italia è sicuramente tra le nazioni più impegnate a limitare l’uso del glifosato.

Dall’agosto 2016, non è possibile usare il glifosato in tutte le aree verdi accessibili dalla popolazione, come parchi e giardini pubblici, campi sportivi e aree ricreative adiacenti complessi scolastici e strutture sanitarie.

Il ministero della Salute, allineandosi al regolamento della Commissione Europea dell’agosto 2016, ha vietato l’utilizzo di prodotti fitosanitari contenenti glifosato nei campi agricoli, prima della raccolta, al solo scopo di ottimizzare la fase della trebbiatura o il raccolto.

Trentadue diverse associazioni nazionali, tra cui Slow Food, FAI, WWF e Legambiente, chiedono da anni il divieto d’impiego nelle piantagioni.

Ma proibirlo mai stato semplice, nel 2017 Monsanto ha fatto causa allo Stato della California soltanto perché aveva proposto di inserire il glifosato nella lista degli alimenti cancerogeni.

Anche questo serve a spiegare la portata storica della decisione del tribunale di San Francisco che ha trovato un legame tra il tumore del giardiniere americano e l’uso del diserbante con glifosato che ha fatto la fortuna della milultinazionale americana.

[Crediti | Corriere della Sera]