Chi è Josif Vezzoli di Elvo, il Birraio dell’anno

Intervista a Josif Vezzoli del birrificio artigianale Elvo, in provincia di Biella, che ha vinto il premio di birraio dell'anno

Chi è Josif Vezzoli di Elvo, il Birraio dell’anno

C’era una volta la birra italiana. Tutta uguale e bevuta come gazzosa. Sono seguiti vent’anni e spiccioli di rottamazione da parte della birra artigianale.

Il posto degli slogan di Renzo Arbore (“birra, e sai cosa bevi”) è stato preso da quelli di Kuaska, al secolo Lorenzo Labove (“La birra non esiste, esistono le birre”).

L’Italia è diventata un ricettacolo di stili e interpretazioni di matrici straniere. Birre ispirate alla cultura altrui (anche perché noi, un nostro stile, non lo abbiamo mai avuto) con il carattere impresso dall’artigiano italiano. Sono arrivate le “nostre” Belgian Ale, IPA e Lager, che hanno sfidato ogni pregiudizio sulle birre con poco da dire.

Tra gli eroi della bassa fermentazione c’è Josif Vezzoli, che lo scorso 21 gennaio ha vinto il “pallone d’oro” della birra artigianale italiana, eletto Birraio dell’Anno del 2017 da una giuria di oltre 100 esperti del settore.

L’edizione numero 9 del premio organizzato da Fermento Birra ha visto Marco Valeriani del Birrificio Hammer e Luigi d’Amelio di Extraomnes arrivare al secondo e terzo posto.

La notizia è che tra le diverse tendenze –avete mai sentito parlare di Imperial Stout cocco e cioccolato o della rivoluzione torbida delle birre Juicy, simili a succhi di frutta?– hanno vinto le birre democratiche, nel senso che piacciono ai più, equilibrate, buone, leggere.

[La rivoluzione torbida: incredibile a dirsi ma è l’estate delle birre juicy]

Sono così le birre di Elvo, birrificio artigianale da 1.200 ettolitri annui, di Graglia, in provincia di Biella, che punta al raddoppio. Nato nel 2013 sotto la buona stella di un’acqua purissima, dicono la più leggera d’Europa, a guidarlo sono Giuliano Rama e i fratelli Raul e Josif Vezzoli, che abbiamo appena intervistato.

Fonico, progettista e costruttore di studi musicali, Josif era artigiano anche nella vita precedente, prima che la moglie gli rimproverasse i troppi viaggi per l’Europa e lo spingesse a credere nell’altra sua grande passione, la birra.

Dissapore: Gli italiani comprano le birre lager al supermercato, non è rischioso farle artigianali?

Josef Vizzoli: Volevo andare in controtendenza e fare una birra per tutti, una “mass market lager”, però buona. Per farlo uso ottime materie prime: la nostra acqua di Graglia e una miscela di luppoli semplice, la stessa di tutte le mie birre in stile tedesco, cambiandone le proporzioni e ottenendo sempre sapori diversi, ma con un filo conduttore.

[La birra artigianale spiegata bene: lo stile pils]

È quel particolare sapore a rendere le mie birre riconoscibili. Gli industriali, che hanno conquistato il mondo con le lager perché piacciono a tutti, impiegano 15 giorni a fare la loro birra. Per fare la “stessa” pils io impiego due mesi.

 

D: Quali sono le birre degli altri birrifici che bevi?

JV: In genere bevo le birre che faccio. I colleghi mi prendono in giro perché mi capita anche durante i festival. Birre come le imperial stout o le IPA super luppolate le assaggio, ma non fanno per me. Mi piacciono le birre di Foglie d’Erba, ci sento la mano amica di Gino Perissutti: la sua Freewheelin’ è una delle mie bevute preferite, insieme alla Calibro 7 di Birra Perugia e alla American Ipa di Hammer, semplice e morbida.

[La birra artigianale spiegata bene: lo stile Märzen]

Poi quelle di Altavia, Mukkeller, Mastino, Birrone e Birrificio Italiano; Agostino Arioli è il vero pioniere della bassa fermentazione. Amo anche Croce di Malto, birre piene di carattere, ma pensate per chi poi deve venderle e berle.

D: Non produci birre di tendenza ma fai tendenza e vinci i premi, come ci riesci?

JV: Rappresento i birrai che hanno deciso di far conoscere il proprio lavoro. Ci sto riuscendo grazie a persone come Manuele Colonna, a cui piacciono le mie interpretazioni degli stili che ama, e vende le birre che produco nel suo pub romano, il noto Ma che siete venuti a fà.

Per alcuni birrifici restare semi sconosciuti e fare tendenza è una volontà precisa, anche se, ovviamente, non sono solo loro a meritare attenzione.

birra elvo

D: A proposito di premi, cosa significa per te essere birraio dell’anno?

JV: Credo mandi un segnale preciso al nostro settore: prima di tutto le birre devono essere bevibili. Dovrebbe essere la carta vincente di ogni birrificio: fare almeno due o tre birre centrate, bilanciate. Dopo di che puoi pensare ai nerd della birra e ai loro gusti stravaganti.

Poi c’è un altro fattore, ha vinto un birrificio indipendente nel vero senso del termine, a casa sua Elvo fa solo ciò in cui crede.

D: Inevitabile chiederti cosa pensi dell’annosa questione industriali vs. artigiani

JV: Non ho niente contro l’industria, ma non deve mettere i bastoni tra le ruote a noi artigiani. Dobbiamo avere una fiscalità privilegiata come molti nostri colleghi dell’Unione Europea che pagano meno accise sull’alcool.

[La birra artigianale spiegata bene: lo stile weizen]

A differenza degli industriali in Italia paghiamo anche sullo scarto, così non si può competere. Come contro le multinazionali che scimmiottano le birre artigianali per intercettare la tendenza, mettendosi un vestito che non è il loro.

D: Il tuo futuro dopo questo premio?

JV: Fare ciò che facevo prima e tentare qualche esperimento come una birra lager in botte. Anche una doppelbock, è una birra a bassa fermentazione con luppoli e malti anglosassoni, la vorrei bevibile come una lager ma con il carattere robusto di una bitter inglese.

Di recente ho ottenuto un distillato dalla birra weizen, è venuto bene. Mi sono messo in testa di fare un whisky: con l’acqua che abbiamo verrebbe fantastico.

Altro progetto da realizzare qui nel biellese: un sito produttivo a disposizione dei birrai artigianali, un luogo dove sperimentare o produrre a costi più accessibili. Dobbiamo pensare da imprenditori.

[Immagini: Birraio dell’Anno]