Laboratori e Imprese Alimentari Domestiche vs realtà: Italia Open to Merdaviglia

Provate ad aprire una IAD come si deve osservando il successo di chi fa esattamente la stessa cosa fregandosene delle regole per comprendere a fondo la Terra dei Cachi.

Laboratori e Imprese Alimentari Domestiche vs realtà: Italia Open to Merdaviglia

Tra i tantissimi paradossi all’italiana, ecco le Imprese Alimentari Domestiche (IAD) buRRocraticamente ipercontrollate che convivono, alla luce del sole, con le improvvisazioni casalinghe che producono e vendono cibo esattamente come le prime.

Con gli stessi meccanismi e, spesso, la stessa proposta gastronomica, ma in due modalità opposte: da un lato legalità e igiene (permessi, tasse, scontrini o fatture, norme HACCP, confezioni, shelf life), dall’altro illegalità priva di igiene (no permessi, no tasse, niente scontrini, no norme, no confezioni appropriate).

Il fulcro centrale delle osservazioni che leggerete non è tanto la denuncia per la presenza di attività non a norma (ci sono da sempre e ce ne saranno sempre), ma il fatto che spesso tali attività non a norma hanno successo. Parlo di successo serio: popolarità sui social network, presenza in televisione, una clientela che arriva da tutto il mondo, aziende sponsor. E non si capisce come questa cosa possa essere tollerata e arrivare a certi livelli, soprattutto quando migliaia di persone fanno sacrifici e investimenti per far le cose bene e pagare l’Inps. Perché? Chi sbaglia?

L’Italia che ignora l’HACCP

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Sbagliamo tutti. Sbagliamo noi che acquistiamo qualcosa di palesemente non a norma. Sbaglia chi vende sapendo di non essere a norma (anche chi lo fa per hobby ha il dovere di salvaguardare perlomeno le questioni igieniche). Sbaglia chi sostiene (con visibilità o denaro o ingredienti) coloro che agiscono in tal modo. Sbaglia l’autorità che spesso chiude un occhio e non fa controlli nemmeno quando la cosa è “su tutti i giornali”. E sia chiaro, sbagliare è umano, ma qui si tratta di un atteggiamento reiterato e alla luce del sole.

Bari: sequestrate orecchiette fatte a mano non etichettate, le produttrici protestano Bari: sequestrate orecchiette fatte a mano non etichettate, le produttrici protestano

Dietro alla scelta di procedere con la legalità e le norme c’è soprattutto il rispetto per il cliente che acquisterà il cibo prodotto. Lo tutelo con ingredienti controllati, con confezioni che proteggano la freschezza dell’alimento, evitando di contaminare il cibo, e facendogli una fattura che sia una sua garanzia in caso di problemi di sorta. Invece, siamo arrivati al punto che se ti chiedo un vasetto di marmellata e tu mi fai fattura, allora sei un succhia-soldi senza cuore e che pensa al profitto.

Pericolo botulino: regole pratiche per evitare brutte sorprese nelle conserve fatte in casa Pericolo botulino: regole pratiche per evitare brutte sorprese nelle conserve fatte in casa

Al contrario, il sacchetto non biodegradabile pieno di pasta fatta a mano – senza guanti e sotto il sole, e dopo aver toccato dei sudici contanti – è un atto italianissimo di amore e tradizione pittoresca. Che si paga volentieri (senza fattura). Insomma realtà che, se fossero a norma, dovrebbero come minino fare un ripassino della materia. Ho appena descritto uno scenario comune in Italia, apportando solamente un esempio tra altri che potrei fare: quello di Nunzia Caputo alias “Nunzia – la signora delle orecchiette di Bari Vecchia”.

Soldi e visibilità dietro la genuinità

orecchiette-spot-dolce-gabbanaSpot Dolce&Gabbana – make up

L’amabile e spigliata signora è una vera e propria celebrità, con pagine social (sue o di fan), Molino Casillo che le manda la farina e le fa fare show cooking, ripetute comparsate in televisione come su The Real Italia. Ha alle spalle persino nomi risonanti che le danno corda, come Dolce&Gabbana – che l’ha scelta per uno degli ultimi spot sulla linea make up. Un percorso incredibile, quello di Nunzia Caputo emblema del cibo italiano in stile Open to Meraviglia. Tuttavia stride molto il contesto in cui tale strada è stata spianata: la strada, appunto, quella trafficata davanti a casa sua. La stessa strada del tavolino sotto il sole e senza reti per proteggere gli alimenti, con nessuna retina nei capelli né guanti; la strada del non farsi problemi a toccare i contanti passati di mano in mano e appoggiarli sul tavolo sopra la farina che usa per le tue orecchiette.

USA: Nunzia Caputo, la signora delle orecchiette di Bari, avrà uno stand al Travel Show USA: Nunzia Caputo, la signora delle orecchiette di Bari, avrà uno stand al Travel Show

Il punto è che la signora Nunzia e altri come lei potrebbero davvero non conoscere concetti come igiene e HACCP (l’ignoranza può essere un sincero dato di fatto), ma le aziende che li supportano invece conoscono benissimo tutto quanto. Eppure lasciano fare, lasciano che un concetto sbagliato, pericoloso e poco rispettoso sia veicolato. Un concetto che alimenta il cliché cafone sull’italiano che trova scappatoie, sulle nonne ossessionate dal cibo. Un po’ come chi non vede quanto sia grave dar l’esempio a milioni di follower di bagnare nel mare il cibo (tanto romantico, e di libertà!).

La scelta di vendere cibo legalmente, e igienicamente

Conosco tante persone che stanno investendo o hanno investito tutto (risorse economiche, tempo, famiglia) per poter pubblicizzare serenamente un’attività e vendere cibo artigianale. E sono tartassate dalle tasse anche solo per avere la coscienza a posto, e sapere di non aver messo a rischio la salute del cliente.

Laboratori e IAD

Cosa ci vuole per aprire un laboratorio, anche solo casalingo (le già citate IAD)? Un progetto con planimetria e spazi ben precisi, un’approvazione comunale e anche da parte dell’Asl, migliorie, vernici impermeabili, indumenti adatti, rubinetti adatti, contenitori adatti, confezioni ben precise. Per non parlare di etichettatura con elenco ingredienti, se non con numero di serie nel caso si vendessero prodotti più deperibili o confezionati in un certo modo. Se la confezione deve essere rotta o de-innescata da un sottovuoto per essere aperta, bisogna dichiarare numero di produzione e shelf life. La shelf life richiede mesi, e un bell’investimento economico perché le analisi sono fatte in laboratorio). Posso andare avanti così per altre mille parole. Ecco perché realtà come quelle della signora Nunzia e infinite altre simili mi fanno arrabbiare, non loro di per sé ma comparando la cosa a chi fa davvero di tutto per mettersi in gioco nel rispetto di tutti quanti.