Aprire un ristorante in Italia: l’irragionevole selva di regole che ci toglie la voglia

Aprire un ristorante in Italia: l’irragionevole selva di regole che ci toglie la voglia

Vivere a Milano comporta un ricorrente incubo gastronomico: la nuova apertura. Frequente come uno scudetto della Juve, retorica come un discorso a reti unificate, invasiva come la solita rettoscopia in mondovisione, è spesso un incubo dalle proporzioni inaudite.

Eppure, se l’Italia fosse un Paese normale (odio dire questa frase, mi fa pensare a talk show televisivi) in quanto a regole e procedure burocratiche, tempi e flessibilità, aprire un ristorante sarebbe ancora più frequente: temo saremmo su un ristorante/bistrot/osteria/trattoria/streetfoodgourmet/paninaro per abitante… [related_posts]

Detto questo, non me la sento di tributare omaggio alla mattanza burocratica per impedire questa possibilità. Quindi è tempo di elencare le derive più dementi, quelle che convincono molti a mollare ancora prima di partire.

Alcune sono regionali, altre legate solo a bar o agriturismi, una casistica sfiancante.

Inutile provare l’impresa dell’esaustività: isoliamo dei casi esemplari non prendendo nemmeno in causa tutte le certificazioni e le pratiche collegate alla richiesta iniziale.

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BAGNI/LAVANDINI

Il calvario seguente, che mai rispecchia la realtà di tutti i posti dove siete stati, è legato solo a chi apre ex novo in Toscana, così giusto per scoraggiarlo: un lavandino e due gabinetti, divisi per sessi fino a 100 mq di superficie; due lavandini e due gabinetti da 100 a 200 mq; dopo i 200, improvvisamente, il libero arbitrio: “in misura adeguata alla capacità dell’esercizio”.

Non è obbligatoria però l’installazione di rubinetteria a comando non manuale e dei distributori di sapone liquido e carta a perdere.

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ORARI DI CHIUSURA

Sono logicamente soggetti alle regole comunali, con una serie di eccezioni diversamente intellegibili. Geniale però la questione dell’orario di uscita.

Qualunque esso sia, prendiamo mezzanotte, devi assicurare che chiunque sia fuori a quell’ora, ma come esercizio pubblico non impedire a nessuno di entrare nel minuto precedente.

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REQUISITI PERSONALI

Questi, se li legge uno yankee con il mito del sogno americano ride per 22 anni. Estrapolo la perla assoluta che di fatto castra chiunque voglia provare ad aprire senza esperienza pregressa:

“Avere esercitato in proprio, per almeno due anni nell’ultimo quinquennio, l’attività di vendita all’ingrosso o al dettaglio di prodotti alimentari, o avere prestato la propria opera, per almeno due anni nell’ultimo quinquennio, presso imprese esercenti l’attività nel settore alimentare, in qualità di dipendente qualificato addetto alla vendita, alla preparazione o all’amministrazione o in qualità di socio lavoratore di cooperativa, o, se trattasi di coniuge, parente o affine, entro il terzo grado dell’imprenditore, in qualità di coadiutore familiare, comprovata dall’iscrizione all’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale INPS”.

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LOCALE/PREPARAZIONI GASTRONOMICHE

Tra i tanti vincoli imposti questo mi esalta: pavimento in materiale liscio, lavabile ed impermeabile, con angoli e spigoli arrotondati di colore chiaro e con inclinazione verso un tombino sifonato dotato di griglia a maglie fini.

Pareti lisce, lavabili e disinfettabili in colore chiaro con angoli e spigoli arrotondati (piastrellatura o smaltatura con resine epossidiche fino a mt. 2 da terra).

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MOBILITA’ DEL FOODTRUCK

Mi hanno sempre affascinato e incuriosito, almeno prima che esplodesse la moda capillare e in tv programmassero 565 programmi identici sul tema. Ovviamente in Italia le regole sono le più complicate al mondo.

La più geniale mi pare quella che obbliga a non sostare più di un determinato limite di tempo (solitamente 2 ore) in un’area. Ma se ti sposti di 40 cm sei in regola?

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ACQUA DEL RUBINETTO

Qui è dramma indicibile. Per dire, fino a poco tempo fa, almeno in Piemonte, era necessario analizzare l’acqua del rubinetto (pubblica, non da pozzo privato) per testarne la conformità, questo perché il fornitore è responsabile fino al punto di allaccio, poi la palla passa a chi ha l’esercizio.

Ora non più. Ottimo, no? Insomma.

Come in un quiz di rara bastardaggine bisogna compilare una scheda a punti brancolando nel buio. Se superi 7 punti devi farti analizzare l’acqua del rubinetto (a tue spese).

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ATTREZZATURA

Altro caso in cui le perle sono molteplici, soprattutto la questione della preferibilità. Non mi è infatti chiara l’eventuale sanzione se non si utilizzano attrezzature “preferibili”. Facile arredare no?

Lavelli in acciaio inox o ceramica dotati di acqua potabile corrente calda e fredda, erogata mediante rubinetteria a comando non manuale (pedale o fotocellula) con scarichi sifonati in fognatura, dotati di dosasapone e dispenser dosacarta preferibilmente chiusi.

Utensili e stoviglie in materiale idoneo (acciaio inox, vetro, ceramica, teflon, plastica per alimenti P.P., P.E., P.E.T., P.V.C., Alluminio); taglieri preferibilmente in teflon e comunque sempre ben rifilati in modo da non presentare scalfiture ed incisioni da taglio.

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SORVEGLIABILITA’

Non posso farcela: qui le regole sulle porte, la loro apertura, l’accesso alla strada, l’identificabilità degli accessi e le numerose casistiche sono tutte troppo complesse per la mia laurea in sociologia con due esami di diritto.

[Crediti | Link: Dissapore, infografiche: Valentina Campus]