Chi ha inventato e come si fa la carbonara? 3 ipotesi per chiudere il caso entro stasera

spaghetti alla carbonara

Detto, fatto. Nel senso che, come promesso l’altro giorno, ho messo sotto torchio due dei migliori interpreti della carbonara, Alessandro Roscioli (salumeria-wine bar Roscioli) e il neostellato Luciano Monosilio (Pipero al Rex), per scoprire i segreti di un’icona della tradizione romana e condividerli una volta per tutte. Scoprendo che il problema potrebbe essere proprio la “tradizione romana”. La carbonara è un piatto della tradizione romana? Chi l’ha inventato?

Ma andiamo con ordine.

Chi ti ha insegnato a fare la carbonara?
Roscioli: “Non ricordo, è un piatto che si è sempre fatto in casa. Con Nabil, il nostro cuoco, siamo partiti dalla carbonara tradizionale e abbiamo provato a perferzionarla per presentare un piatto adatto a un ristorante”.
Monosilio: “Mia nonna prima e Alessandro Roscioli poi (Monosillo ha lavorato per tre anni proprio da Roscioli, ndr). L’ultima versione ha alcune varianti messe a punto da me”.

E’ difficile fare una buona Carbonara?
Roscioli: “No”
Monosilio: “No, bisogna conoscere tecnica e temperature, ma non è un piatto complicato”.

Questo mi conforta. Quali ingredienti usate, diciamo, per quattro persone?
Roscioli: “4 etti di spaghettoni Cavalieri, quelli spessi quasi il doppio dello spaghetto normale, 4 tuorli, 1 albume, 160g di guanciale, 200g di formaggio, pepe”.
Monosilio: “360g di spaghetti Cavalieri e 4 tuorli senza albume, perché l’albume ha una temperatura di coagulazione più lenta rispetto al tuorlo e pur mantecando, rischia di restare viscosa e mantenere troppo il sapore dell’uovo. Poi 160g di guanciale, 150g di formaggio, pepe”.

Quale formaggio?
Roscioli: “Su 200g, uso 160g di Pecorino romano, 20g di Pecorino di Fossa,  per avere una nota più acida, e 20g di Parmigiano. Se il Pecorino romano è troppo sapido, come spesso succede in estate, uso il Moliterno, più dolce”.
Monosilio: “Su 150g, 100 sono di Parmigiano e 50 di Pecorino. Un tempo si usava solo il Pecorino ma ritengo che il Parmigiano abbia un gusto più raffinato e quindi più adatto ai palati di oggi”

Un pepe in particolare?
Roscioli: “Utilizzo un mix di Sarawak (80%) e la bacca Sichuan (20%). Il Sarawak va tostato e schiacciato con il batticarne in modo da ottenere pezzetti più grandi. Tostandolo, il calore sprigionerà al meglio gli aromi del pepe”
Monosilio: “Un pepe nero cinese molto balsamico, da non confondere con il Sichuan. Anche perché il Sichuan non è un pepe, è una piccola bacca nera utilizzata in Asia come spezia”

Ok, tutto chiaro. Passiamo alla parte più delicata, la preparazione:
Roscioli: “La prima cosa da fare è tostare il guanciale in una padella di ferro. Si usa il ferro perché è un cattivo conduttore, quindi cauterizza all’esterno il guanciale rendendolo croccante e lasciando fondente l’interno. Durante la tostatura, separiamo il grasso e ne conserviamo la metà per mantecare. Mentre l’acqua bolle, è necessario sbattere a lungo le uova con metà del cacio e un paio di giri di pepe. Scolata la pasta al momento giusto, si deve mantecare in una bowl capiente, lontano dal fuoco. Prima si aggiungono le uova e poi il guanciale (scaldato se si dovesse essere freddato). Quindi il grasso del guanciale. Poi si aggiunge l’ultima parte del formaggio: un po’ mentre si manteca, un po’ nel piatto di servizio con il pepe. Tutto qui”
Monosilio: “Bisogna rosolare bene il guanciale in una padella calda, senza aggiunta di grassi. Mentre si scalda, scolare il grasso e tenerlo da parte. Il guanciale deve diventare croccante prima di essere scolato e asciugato. I tuorli vanno montanti a zabaione, molto a lungo, con un po’ di grasso del guanciale, circa 4 cucchiai. Quindi cuocere la pasta in acqua salata e scolarla quando è cotta al punto giusto, ricordate che la carbonara si fa lontano dal fuoco, la pasta quindi non continuerà a cuocere. Mantecare con le uova, poi aggiungere il guanciale, il formaggio e tanto pepe. Se dovesse risultare troppo densa, si può aggiungere un poco di acqua calda, non salata”

Mi sembra che a parte alcune piccole differenze, la tecnica sia simile. Quindi guanciale, non pancetta?
Roscioli: “Per carità…”
Monosillio: “Stiamo scherzando?”

Scusate, ma storicamente cosa si usava, la pancetta o il guanciale?
Roscioli: “Storicamente la pancetta. La storia è questa: la carbonara nasce in Abruzzo, da un piatto tradizionale che si chiama Cacio e Ova. Alla fine della seconda guerra mondiale, quando arrivarono i soldati americani sulle montagne, aggiunsero al piatto il loro bacon affumicato, la nostra la pancetta”
Monosilio: “Io conosco un’altra storia, quella che mi raccontava mio nonno. Lui era un minatore di carbone, marchigiano. Quando andavano in montagna, questi infaticabili lavoratori portavano con loro il guanciale, alimento grasso e proteico. Ci preparavano la Gricia, pasta con guanciale e cacio, e aggiungevano le uova per avere un piatto ancora più nutriente. Quindi si faceva con il guanciale e  il pepe è stato aggiunto per ricordare la fuliggine, memoria del carbone, da cui poi ha preso il nome”.

Mi piace la versione romantica dei carbonari, ma ammettiamolo, il mistero s’infittisce. Saluto i miei chef e chiamo quello che più di chiunque altro conosce la storia della tradizione romana: Arcangelo Dandini, del ristorate L’Arcangelo.

Allora qual è la verità? Dove, quando, come nasce la carbonara?
Arcangelo Dandini: “Verità è una parola grossa, ci sono troppe leggende intorno alla carbonara. Però studiando il piatto si possono intuire alcune cose. Intanto nella mia famiglia non s’è parlato di carbonara se non a partire dagli anni ’50. Mia nonna era cuoca e sua nonna, cuoca come lei, non aveva nessuna memoria di questo piatto. Se guardi i testi più autorevoli della cucina italiana, come il Talismano della felicità di Ada Boni, questo piatto non viene affatto menzionato. Sembra quindi accreditabile la teoria degli americani che per arrivare a Cassino attraversarono le montagne e modificarono la famosa Cacio e Ova aggiungendo il guanciale, scambiandolo per la loro pancetta con la quale poi fu codificato. Questo spiegherebbe anche perché qualcuno ci mette la panna: i militari portavano con loro il latte condensato, probabilmente lo aggiungevano al piatto per ammorbidire il gusto”.

Una fonte di sapere il nostro Arcangelo, che però conferma quanto temevo: la carbonara non è un piatto tradizionale romano, ma una contaminazione piuttosto recente di tradizione montanara laziale e abruzzese con lo zampino degli americani, come sosteneva orgoglioso ieri il New York Times.

Detto questo le domande sono inevitabili: siamo andati al cuore del ragionamento, abbiamo scomodato i massimi esperti in materia, alla fine, quale versione vi convince di più? Mica vorrete osare aggiungere la vostra? No, dico, mica vorrete distinguere tra guanciale o pancetta, tra parmigiano o pecorino?

[Crediti | Link: Dissapore, New York Times]