Disgusti: la vita complicata di chi detesta mangiare qualcosa

Disgusti: la vita complicata di chi detesta mangiare qualcosa

Pochi giorni fa, cazzeggiando sul blog americano The Awl, mi sono imbattuta in un post singolare che raccontava la singolare storia del ventiseienne Joe Veix, ragazzo apparentemente normale, con la particolarità di non essere mai riuscito a mangiare frutta in vita sua. Una repulsione che crea problemi ogni giorno, con i quali si deve convivere.

Joe, non è uno schizzinoso, tutt’altro! Si descrive come un ragazzo molto aperto a provare nuovi sapori, ma la frutta quella NO, NIET, NEI, NISBA. Non vuole vederla nemmeno sotto forma di caramelle o succhi.

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Il problema di Joe? Si chiama idiosincrasia alimentare.

Vi chiederete: “idiosincracosa?”.  Sembra una malattia grave malattia, lo so, ma non lo è. Trattasi di disgusto indotto dall’organismo verso una tipologia specifica di alimenti come, in questo caso, la frutta.

C’è poco da scherzare, le idiosincrasie alimentari sono più diffuse di quanto si pensi e trasformano chi ne soffre in persone socialmente imbarazzanti.

Perché? Immaginate di invitare Joe a un compleanno. Come pensate che ci rimanga la festeggiata quando il ragazzo rifiuterà la crostata di frutta? Semplice, si offenderà a morte insieme alla nonna che l’ha preparata con tanto amore. Nessuno capirebbe che a Joe la crostata piacerebbe anche, ma è la frutta a spaventarlo.

Se state pensando a quanto siano pittoreschi Joe e la sua fobia per la frutta, dovrete ricredervi. Per quanto assurdo sembri, conosco personalmente altri due casi umani come lui.

Ma andiamo con ordine.

Odiare la frutta

Nel circo degli amici stramboidi di cui amo circondarmi poteva forse mancare l’idiosincrosita? No di certo. Francesca, come Joe, odia la frutta. La sua repulsione non è solo verso il sapore, ma anche per l’odore e la consistenza. Ogni volta che la maneggia deve correre a lavarsi le mani.

Il periodo più difficile è l’inverno, specie le festività natalizie con la loro stupida invasione di mandarini. Se qualcuno si mette a sbucciarne uno in treno o in casa è costretta a cambiare posto o stanza altrimenti si sente male.

La seconda disagiata, invece, sono io, anche se la mia storia ha sfumature leggermente diverse.

Più volte mi sono immaginata durante una terapia di gruppo recitare: “Ciao, sono Letizia, ho 24 anni e ODIO il formaggio” (lo so, non sono l’unica). Non é che semplicemente non mi piace, io proprio lo detesto e provo una repulsione innata nei suoi confronti.

Credetemi, vivere con la perenne angoscia di ritrovarsi il piatto spolverato a tradimento dal formaggio non è affatto facile.

Con il passare degli anni ho dovuto trovare un modo per sopravvivere a quella nevicata ripugnante. Oggi la mia tattica consiste in una supercazzola sparata a bruciapelo e in modo convinto.

Del tipo: “Sa, siccome sono intollerante ai prodotti dell’idrolisi dei peptidi, in particolar modo ai proteoso-peptoni rilasciati durante la maturazione presamica della cagliata, le sarei eternamente grata se non aggiungesse formaggio alle mie pietanze. Grazie”.

Il cameriere si spaventa così tanto che il formaggio arriva sempre a parte, anche per gli altri commensali.

Il secondo problema del formaggio è che puzza, e anche tanto. Quindi mi sono vista costretta a prendere il brevetto di apnea per uscire incolume dall’immersione nel banco dei formaggi di supermercati, fiere e mercati.

Sono in difficoltà anche quando accanto a me si mangia del formaggio o se devo baciare qualcuno dopo averlo colto in flagrante a ingurgitare quei disgustosi latticini.

Anche toccare il formaggio è un grosso problema. Se mi chiedono di grattugiare del Grana, pur di non farlo fingo di essere straniera e parlare un’altra lingua.

L’odio si affievolisce solo  per mozzarelle, burrate e stracciatele. Tutto il resto è bandito dal mio regno.

Arrovelandomi alla ricerca di una spiegazione plausibile per questo folle disturbo, sono arrivata alla conclusione che dipenda da qualche trauma subito nell’infanzia. La fobia verso frutta, formaggio, ma anche pesce, uova, insaccati, ecc. sembrerebbe infatti nascere da un disgusto innato o inconscio legato a un evento traumatico del passato.

Detestare la frutta

La repulsione verso la frutta di Joe, lui ne è convinto, dipende dal fatto che ha sempre provato a mangiarla mentre era malato, con il risultato di aver creato un’associazione spontanea tra il suo cervello e uno stato psico-fisico pessimo.

Probabilmente Francesca detesta la frutta –specie gli agrumi- perché ai tempi delle scuole elementari era la vittima preferita dei suoi dolci compagni di classe durante le sanguinose battaglie a colpi di mandarini.

Per quanto mi riguarda credo che il trauma risalga alla scuola materna, quando una malefica suora vestita da pinguino tentò in ogni modo di farmi finire il taleggio che avevo nel piatto.

Se vi può consolare Joe è riuscito ad assaggiare qualche frutto, trovando addirittura buoni i kiwi. Francesca, non essendo stagione di mandarini, vive serena. Il solo che è riuscito a farmi ingoiare del formaggio nella sua gioielleria romana è stato un ragazzone, si chiama Bonci e fa molto bene la pizza.

Aó” – mi disse – “magnate un po’ questa torta ar formaggio e dimme com’è“. Superfluo spiegare che dovetti farmi coraggio e buttare giù almeno un boccone di quella cosa formaggiosa. Vagliela a spiegare a uno come Bonci la teoria dell’idiosincrasia alimentare.

Dunque idiosincrasisti, venite allo scoperto, racconteci le vostre vicissitudini. Io intanto mi preparo per uscire a cena con un ragazzo, bello come il sole, per carità, ma adora il formaggio e detesta vino e birra. Ho come il sospetto che non durerà molto.

[Crediti | Link: The Awl, Dissapore. Immagini: The Awl]