La forma dell’acqua? Nella fontana di Casoria è fallica

La forma dell’acqua? Nella fontana di Casoria è fallica

Dai nasoni, caratteristici e forieri di bevute salvifiche nell’infanzia, e nelle notti alcoliche da abuso di tramezzini notturni in via Collatina, alla gara a muoversi verso la fonte più ricercata, passando per le carte delle acque a ristoranti, fino alle fontanelle a forma di cazzo. Sì, di cazzo. Qualcosa deve essermi sfuggito nella narrazione letteraria dell’acqua.

Avrò qualche problema con quel concetto sfuggente chiamato perdita dell’innocenza, o una mia particolare difficoltà ad afferrare i tempi, ma lo confesso: sono disorientato.

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Già per un romano (per quanto “emigrante”) parlare di acqua,oggi, genera dei turbamenti. Voglio dire: da bambino, dopo che giocavo fino allo sfinimento a Villa Lazzaroni c’era il momento nasone! Si beveva con avidità, ma con le raccomandazioni genitoriali di bagnare polsi e fronte (qualche papà e mamma indugia ancora in tale affermazione?).

Poi negli anni mi hanno detto che l’acqua a Roma non è buona come la si è sempre dipinta e che le fontanelle erano un insulto a chi in Italia e all’estero soffriva la siccità. Nelle case diventa pericoloso berla e ti ritrovi a perseguire l’atto, almeno per me devastante, di comprare le bottiglie al supermercato.

Nel frattempo la pratica di andare a prendere l’acqua alla fonte è diventata usanza dominante dei soliti ultra citati hipster, che ammantando la cosa di qualche extra significato urticante ti fanno passare la voglia.

Come se non bastasse esplode il caso (ogni scriba una volta nella vita deve dire “esplode il caso”, pena l’isolamento linguistico) dell’assessore alla cultura Luisa Marro, con la sua amica ritratta a impugnare, con sorridente beatitudine, la fontana di Casoria, dalle fattezze inequivocabilmente falliche.

luisa marro, fontana, Facebook

Ora essendo una donna me le immagino le battute medie trite, ritrite e triviali sulla questione. Non aiuta il ruolo istituzionale e la didascalia con cui l’assessore ha accompagnato la foto su Facebook: “È molto bella. Finalmente…maneggiare con cura”.

Allo stesso tempo sono anche ammirato dall’esercizio giornalistico di Libero, dove leggo:

Ritrae una sua amica mentre impugna sorridente una fontanella che ha una forma ambigua e ricorda quella di un fallo“.

Suvvia, non è ambigua e non ricorda un fallo: è un fallo, non giriamoci intorno.

Personalmente la fontana mi fa sorridere, ma non riesce a farmi ridere. Sta in quel guado tra inutile e guascone che non alza il sopracciglio. Non mi scandalizza, ma non mi sembra nemmeno la trovata dell’anno. Se lo scopo è il suo valore turistico mi pare abbastanza risibile.

Insomma perché? Per far parlare di sé? Per farsi due risate? Ora però la Marro si becca la strale moralista tipicamente italiana, tutta a base di “È una professoressa, cosa diranno i suoi alunni, ecc.”. Contenta lei. L’hanno beccata anche di fronte al murales hard che campeggiava davanti ad una scuola elementare. Ma allora è un’abitudine, signora mia. Che indecenza, accidenti.

Però c’è una cosa straordinaria in tutta questa vicenda: la rinnovata capacità della politica di fare la morale con le foto degli altri.

Quindi, mi permetto di istituire per l’assessore Angelo Marino il premio “elastico delle mutande sul volto” dell’anno 2014 per la seguente dichiarazione:

Non sono certamente un bigotto ma non credo di sbagliarmi se ritengo di interpretare il sentire comune di quanti, comunque ispirati ai valori della dignità, della correttezza e della riservatezza, vorranno condividere questa che ritengo essere una piccola ma importante battaglia di civiltà“.

Così parlò un membro del partito di Silvio Berlusconi, il principe della riservatezza e del sano e vecchio costume sessuale riservato italiano. Ah scusate, ho scritto membro…

A proposito di membro, ma voi questa e altre fontane falliche le incontrate spesso? La cosa vi suscita importanti riflessioni?

[Crediti | Link: Dissapore, Libero, immagine: Libero]