Gli italiani e la pasta: la festa è finita

Gli italiani e la pasta: la festa è finita

Non sono una fervente sostenitrice della causa pastasciuttara (anche se). Non ho seguito con particolare interesse il calo di popolarità che la pasta vive in casa propria (anche se). Non mi faccio prendere da tentazioni del tipo: è necessario che io sappia perché gli italiani non amano più la pasta (anche se).

Anche se, ora che persino gli americani se ne sono accorti, è arrivato il momento di farlo.

Nel 1999 una famiglia italiana comprava in media 42,9 chili di pasta all’anno; nel 2005 neanche 40; oggi superiamo a stento la soglia dei 30 chili. Perché?

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Perché noi, gli italiani di oggi, ci dividiamo in tre categorie.

51 per cento: “ci rientro nella taglia 40 a suon di spaghetti?” (aka: la pasta fa ingrassare).

24 per cento: “c’è l’ultimo episodio di Breaking Bad non posso pensare al trito d’aglio per il pesto (aka: cucinare la pasta è complicato).

18 per cento: “nel tempo che l’acqua bolle preparo un’insalata di tonno, e la mangio, anche” (aka: ci vuol tempo a fare la pasta).

In più ci stiamo appassionando alle cucine straniere, mangiamo sempre più spesso sushi, riso alla cantonese, kebab, hamburger, couscous e spaghetti di soia.

E pensare che un tempo viaggiavamo al ritmo di due volte al giorno. Per gli italiani una dieta senza pasta era come il sesso senza raccontarsi cosa si è fatto durante la giornata, senza struggersi per la telefonata del giorno dopo, SENZA PRIMA CENARE INSIEME AL RISTORANTE.

Ora invece fa scuola Dukan: pasta uguale carboidrati, carboidrati uguale Male Assoluto. It’s crusca d’avena power. Hanno un bel parlare i nutrizionisti di pasta integrale, porzioni ridotte, varietà dei condimenti (verdure, legumi, carne, pesce).

spaghetti

Cosa fare per combattere la tendenza? E insomma, siamo pur sempre il Paese dei 500 formati di pasta, dell’infinita varietà delle paste ripiene, durante la Seconda Guerra Mondiale nella sola Gragnano, il piccolo comune vicino a Napoli, si contavano centocinquanta pastifici.

1) Per prima cosa contrastare l’idea che la pasta faccia ingrassare.
2) Poi restituire alla pasta il ruolo da protagonista che ha avuto nella nostra dieta sin dai tempi degli antichi romani. Passando proprio per la maestria della pasta fatta a Gragnano, che ha da poco ottenuto l’IGP (indicazione geografica protetta) facendo così salire a 254 le denominazioni italiane riconosciute e tutelate in Europa. Ma di Gragnano torneremo a parlare presto.
3) Ovviamente coinvolgere i lettori di Dissapore.

— Quante volte mangiate la pasta in una settimana, e di che tipo?
— Per quale motivi, eventualmetne, ne mangiate di meno? Paura di ingrassare? Non avete tempo per cucinarla e trovate che sia difficile farlo? Non riuscite a togliervi dalla testa il sushi bar e ciao spaghetti?

[Crediti | Link: Dissapore, Wall Street Journal, Agi]