Perché cuciniamo? (Più guardiamo farlo in tv e meno spignattiamo, dice Michael Pollan)

Perché cuciniamo? (Più guardiamo farlo in tv e meno spignattiamo, dice Michael Pollan)

Michael Pollan è un editorialista del New York Times, appassionato food writer, autore tra gli altri de “Il dilemma dell’onnivoro”. L’ultimo libro, “Cotto“, appena uscito per Adelphi, è il racconto di un viaggio attraverso gli Stati Uniti durante il quale lo scrittore ha indagato come i quattro elementi, aria, acqua, terra e fuoco siano alla base non solo dell’universo, della vita e della morte di tutte le cose (ricordate Empedocle?) ma anche, più semplicemente, della cucina.

Un punto di partenza affascinante, raccontato anche in una bella intervista al Corriere, che mi ha fornito lo spunto per domandare: perché cuciniamo?

michael pollan

Per mangiare, certo. Nutrirsi è imprescindibile e cucinare è, banalmente, il modo che abbiamo per rendere i cibi appetibili, quando non proprio commestibili.

Una patata o una melanzana crude non solo non sarebbero invitanti ma, senza le trasformazioni che avvengono durante la cottura, risulterebbero addirittura tossiche.

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Ovvio che c’è molto di più. Soprattutto in questi tempi in cui cucinare, o almeno mangiare, è “di moda”: orrida espressione per definire qualcosa che, se non la fai, socialmente non sei nessuno.

Così, da semplice attività quotidiana riservata a massaie e cuochi, mettersi ai fornelli è diventato passatempo, il cibo argomento di conversazione, le tecniche oggetto di discussioni infinite. Come sapete bene voi, frequentatori di Dissapore.

Ecco allora, direttamente dalla filosofia di Pollan, qualche spunto in più su cui affinare la vostra dialettica.

Casseruola

Il potere simbolico della casseruola.
Per il piccolo Michael, la grande pignatta smaltata che troneggiava sul tavolo della cucina è stata quanto di più simile a un focolare domestico, intorno a cui la famiglia si riuniva, mangiava, parlava, raccontava.

Sicuramente meglio della televisione davanti alla quale hanno pranzato e cenato intere generazioni, adulti e bambini a consumare pasti di cui non sentivano sapori e profumi, intenti com’erano a seguire i tiggì o i cartoni animati.

Eppure, certe teglie di lasagne, certi arrosti sontuosi con il loro contorno di patate dorate, ma anche le più semplici spaghettate con il loro profumo di pomodoro e basilico, ancora non ci lasciano indifferenti, o non dovrebbero farlo.

Quindi, la domanda è: qual è il vostro focolare gastronomico? Il piatto, il tegame, la portata che vi fa pensare che mangiare, e condividere, il cibo non è solo necessario, ma anche bello e importante?

bistecca

Cucinare significa scoprire novità su sé stessi.
Tutto nasce dal presupposto che Pollan, quando cucina, non fa altro. Si dedica al piacere di tritare, mescolare, rifinire, una cosa alla volta, prendendosi tutto il tempo che serve e godendo del momento.

Qui so già che sto per scontrarmi con la cruda realtà, fatta di mogli e madri (mariti e padri) che cucinano in fretta e furia per mettere qualcosa in tavola alla famiglia di ritorno da uffici e scuole. Persone che mentre tritano, mescolano, rifiniscono (spesso, alla bell’e meglio) contemporaneamente devono rispondere a una mail e al telefono, fare una pausa per stendere una lavatrice, organizzarsi per le commissioni del giorno dopo. Non c’è da stupirsi che il miglior alleato, in queste sessioni forzate, sia un bicchiere di vino (io stessa ho rischiato più volte la sindrome della casalinga alcolica).

Poi, per fortuna, ci sono le occasioni speciali. Quelle in cui ci trasformiamo anche noi, come Pollan, in cuochi “unitasking” (cit.). Quando prepariamo una cenetta per un tête-à-tête con il nostro lui o la nostra lei, inforniamo la torta per il compleanno del cucciolo di casa, farciamo il tacchino di Natale.

Qual è la vostra ricetta scacciapensieri? Quella che, quando la fate, fate solo lei, e tutto il mondo fuori?

focaccia

Mangia cibo vero.
È uno degli imperativi di Pollan. E certo negli Stati Uniti, più che da noi (ma è ancora vero?) i fast food e i cibi pronti, da scaldare al microonde, scellophanare e mangiare direttamente dalla vaschetta, sono un’abitudine decisamente radicata. Tanto che, sostiene Pollan, l’americano medio dedica meno di mezz’ora al giorno (al giorno!) ai fornelli.

Il “danno” lo avrebbero fatto le femministe che, negli anni Settanta, al grido di “io sono mia” aggiungevano il corollario: e non cucino manco morta.

Le aziende statunitensi, furbette come sempre, ne approfittarono per invadere il mercato di surgelati e piatti da asporto (sembra che sui polli arrosto Kentucky Fried Chicken campeggiasse il motto: “Per la liberazione delle donne”). La gente abboccò all’amo. E ancora non riesce a sganciarsi. O no?

Con buona pace delle femministe del terzo millennio, che tuttora in cucina non vogliono mettere piede, sembra che nel nostro Paese lo scorso anno il settore dei piatti pronti sottozero abbia subito un calo dell’11%.

Sebbene le motivazioni siano, con tutta probabilità, legate alla crisi (non si tratta mai di prodotti economici, soprattutto se rapportati alla medesima ricetta preparata a partire da ingredienti freschi), a me piace pensare che gli italiani siano diventati più gastrosnob e stiano tornando a preferire il buon cibo casalingo a quello industriale. Oppure?

Gordon Ramsay

Più le persone guardano gli altri cucinare, meno cucinano.
La mamma di Pollan si formò davanti alle trasmissioni di Julia Child. Gli appassionati di oggi hanno solo l’imbarazzo della scelta. Gli esterofili della prima ora ancora riguardano le vecchie puntate di Anthony Bourdain.

I brit-pop vanno in brodo di giuggiole per il poker Gordon Ramsay- Nigella Lawson-Jamie Oliver-Lorraine Pascale. Gli aspiranti chef de noantri si dividono fra groupie di Carlo Cracco, Bruno Barbieri e Antonino Cannavacciuolo, giovanilisti fan di Simone Rugiati e Alessandro Borghese, casalinghe disperate che pendono dalle labbra di Benedetta Parodi, fricchettoni che adorano Chef Rubio. So che ci siete (ci siamo) dentro tutti, chi più chi meno.

Ma al termine delle vostre scorpacciate televisive, cosa cucinate davvero? Replicate le ricette dei vostri beniamini o ve ne dimenticate appena spenta la tivù? Le trascrivete su un prezioso quadernetto, man mano che scorrono sul piccolo schermo, o vi fiondate in libreria ad acquistare il libro di questo o quello?

Ecco, di carne al fuoco mi pare di averne messa a sufficienza. Ora sta a voi fare, e condividere, le vostre riflessioni. Io vi lascio, vado a cucinare.

[Crediti | Link: Dissapore, Adelphi. Immagine di copertina: Dan Gentile. Altre immagini: Lifehacker, Bon Appetit]