Non aprite quel supermercato.
Quando vi abbiamo parlato per la prima volta di Portobello, il supermarket delle buone azioni dove la spesa si paga con il volontariato, i dubbi, ma è un eufemismo, erano molti.
“Scusate eh, ma se un’idea del genere l’aveva Carrefour (non dico Esselunga) cosa avreste detto? Cassiere pagate con i torsoli?”.
Seguivano timori sul fatto che scambiare la spesa con le ore di lavoro fosse una non-risposta per le famiglie che stentano, i “vulnerabili” come si dice nel giro del volontariato.
Da venerdì scorso, il primo supermercato a euro zero è aperto, possiamo riparlarne con meno approssimazioni.
A Modena, da Portobello, gli euro servono solo per un caffè o un cappuccino all’angolo bar, dice oggi Repubblica, altrimenti ci sono i “punti” caricati sulla tessera sanitaria dai servizi sociali del Comune; si assegnano in base al reddito, alla situazione lavorativa, al nucleo famigliare.
I punti sono 60 per chi vive solo, 30 in più per ogni familiare: una famiglia con un bambino ha quindi 120 punti. Non vengono caricati automaticamente ogni mese perché la situazione del titolare può migliorare in ogni momento.
Facciamo degli esempi concreti di spesa a punti sociali.
Iniziamo dalla pasta: un punto per un kg a marchio Conad, un punto per mezzo kg di De Cecco; passiamo alla frutta e alla verdura, un punto a vaschetta.
Il detersivo per la lavatrice 5 punti; poi prodotti per bambini: i pannolini a 5 punti la confezione, due vasetti di omogeneizzati a due punti e mezzo.
Si trovano anche prodotti di nicchia, come il parmigiano invecchiato a 8 punti o le marmellate biologiche, perché dicono a Portobello: “con la crisi tanti sono costretti a comprare cibo scadente, qui si può scegliere il pezzo pregiato, anche questo è un modo di reagire”.
I marchi a disposizione sono diversi, anche se l’80% della merce arriva da Conad, Coop e Granarolo. Chiunque può anche decidere di donare una spesa al supermercato tramite il sito internet.
Al Portobello i beneficiari della spesa sociale, una sorta di “ceto medio” della povertà (a oggi 40 famiglie ma in un anno arriveranno a 400 con una spesa da un milione di euro), sono “invitati a impegnarsi, in base alle loro possibilità, in attività di volontariato tra gli scaffali, in magazzino, alla cassa”.
Tutti, famiglie e singoli che hanno un reddito familiare ISEE superiore a 5.422 euro, sono presi in carico dai servizi sociali e seguiti anche sotto il profilo occupazionale.
In definitiva Portobello privilegia la povertà che sta a mezza strada, che può essere recuperata. Pensate ancora che sia una così pessima idea?