Social Market: contrordine, la spesa gratis in cambio di lavoro non è una buona notizia

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Avrei una cosa da chiedere alle migliori menti delle diverse generazioni che leggono Dissapore. Alla loro capacità di indignazione. Vorrei capire se leggendo queste parole riescono a scandalizzarsi, anche solo a scaldarsi. Le parole sono: “La spesa non si paga con i soldi ma lavorando“, e riguardano l’apertura a Modena di Portobello, apparentemente un normale supermercato, in realtà un social market, dove cibo e generi di prima necessità si scambiano con il volontariato (con il “lavoro”, non voglio essere ipocrita).

Per molte famiglie arrivare alla fine del mese è una battaglia quotidiana. i social market rappresentano la nuova frontiera della solidarietà, luoghi dove chi è in gravi difficoltà economiche e può dimostrarlo in base alle graduatorie ISEE, scambia la spesa con ore di lavoro: tra gli scaffali, in magazzino, alla cassa.

Tra i sostenitori coinvolti dal mondo delle associazioni o dagli assessori più sensibili di qualche comune, c’è ovviamente la grande distribuzione, in particolare Conad fornirà a Portobello, il social market modenese, arredi, celle frigorifere, casse, merce invenduta o prodotti prossimi alla scadenza ma ancora in perfette condizioni. Del resto perché buttarli?

Con un po’ di ricerca, ho scoperto che si stanno attivando iniziative analoghe in altre zone d’Italia. A Milano per esempio. A Torino, il supermercato sociale dove sono all’opera molti studenti e dove i clienti scambiano beni di prima necessità con quattro ore di lavoro al mese, esiste già. Ma ci sono esperienze simili a Parma e in Puglia, a Bari e a Lecce.

Bene.

Ora vorrei procedere a fornire alle migliori menti eccetera una lista di disdicevoli reazioni che la notizia ha provocato ieri nella pagina Facebook di Dissapore.

— “La vergogna continua e a chi non c’arriva non so che dire“.
— “Che bella la decrescita felice. A quando gli schiavi con alloggio gratis nei lager?
— “Magari credono pure di fare un favore all’economia“.
— “E i dementi che commentano “ah che bella idea”, li manderei a raccogliere un po’ di cotone
— “Uh che bella idea, proprio bravi, magari vi porto un pochino di manodopera gratuita. E chi non capisce lo manderei a pulire gli argini e i letti dei fiumi“.

Reazioni per cui la retorica della bella notizia, il sensazionalismo, le strumentalizzazioni dei social market sono fuori luogo quando si discute di diritti fondamentali e di lavoro. E di nessuna utilità.

Da una parte le tessere per la spesa a costo zero in cambio di lavoro, dall’altra le accuse di sfruttamento e inaccettabile abuso di retorica occupazionale.

Il che vi obbliga a prendere posizione: ristabilire ordine e buon senso non è mestiere mio, ma vostro.

[Crediti | Link: Dissapore, Repubblica, La Stampa, Repubblica Parma]

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