Se il prezzo del caffè al bar è giusto perché non smettiamo di litigare?

Il prezzo del caffè al bar è giusto? Per i gestori dei bar la tazzina è sottopagata, per i consumatori il ricarico è troppo

Se il prezzo del caffè al bar è giusto perché non smettiamo di litigare?

Chi ha ragione sul prezzo del caffè, che nei 150mila bar italiani costa in media 0,75 euro?

I baristi, che per i 7 grammi di caffè necessari a ottenere un espresso parlano di cifre bloccate da anni? Oppure i consumatori, che ai baristi ricordano il costo della singola tazzina, cioè 0,33 centesimi?

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Confcommercio, è comprensibile, difende gli associati citando il costo medio europeo, che secondo i suoi calcoli è di 2,60 euro.

Lamentando come ormai in Italia il prezzo delle 142 tazzine (che al netto di sprechi e inefficienze diventano circa 130) preparate in media con un chilo di caffè, sia da considerarsi “politico”. Visto che a Milano, per esempio, negli ultimi 12 anni gli affitti sono anche triplicati, mentre il prezzo del caffè è rimasto fermo.

Ieri Corriere Milano spiegava che non è proprio così. Specie dopo l’arrivo di Starbucks, il gigante dei caffè in tazza “small”, “medium” e “large”, che nella grande Roastery di Cordusio vende l’espresso a 1.80 euro. Qualcuno si è divertito a calcolare che, se fatto in casa, quello stesso caffè verrebbe a costare 12 centesimi: un ricarico del 1400 per cento.

Insomma, ci sono bar e bar. Restando a Milano, la tazzina costa 1,30 da Cracco e Marchesi in Galleria, come da Lavazza in Piazza San Fedele. Stessa cosa per le nuove, piccole torrefazioni devote agli specialty coffee come Cafezal, in via Solferino.

Ma l’Italia non è solo Milano, dove il prezzo medio del caffè è 1,01 euro. La città in cui un espresso al bancone costa meno è Messina, con un prezzo di 0,75 euro, mentre le più care sono Bolzano e Modena, che arrivano a 1,11 euro.

Tornando a Milano si scoprono anche casi in controtendenza. Come quello de “Il caffè del mio bar”, che ha un locale in via Gonzaga 7, vicinissimo al Duomo. Dove la tazzina costa solo 50 centesimi.

Com’è possibile? Acquistando direttamente il caffè dal Centro America, che poi viene tostato e impacchettato con un risparmio che consente la vendita del prodotto finale a 50 centesimi.

Come dire che il caffè non è così sottopagato, dal momento che la materia prima incide per il 25-30%. E allora?

Risponde Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) con la catena del valore della tazzina di caffè.

Dagli 0,02 euro di costo per il crudista si passa a 0,14 euro per il torrefattore (nove volte di più), fino ai 0,96 per il bar, con un aumento di almeno sette volte per il consumatore. Un ricarico che i baristi dovrebbero farsi bastare.

Ma sempre Fipe segnala come, levato dall’incasso il prezzo del caffè torrefatto, oltre al prezzo del lavoro, di affitti, utenze e altri costi di gestione, al gestore del bar resta un utile lordo di 15 centesimi, che moltiplicati per le 142 tazzine medie vendute al giorno non permette certo lauti guadagni.

[ Crediti | Corriere Milano]