Caffè, la fondatrice della coop nel carcere di Pozzuoli viene premiata come Eroe civile

Imma Carpiniello, fondatrice della torrefazione di caffè nel carcere di Pozzuoli, è stata insignita per l'impegno al servizio degli altri.

Caffè, la fondatrice della coop nel carcere di Pozzuoli viene premiata come Eroe civile

Un’idea per riqualificare, rilanciare, riscattare: ci stiamo riferendo alla famosa torrefazione nel carcere femminile di Pozzuoli, gestito dalle stesse detenute. La scintilla che ha trasformato l’idea in realtà, però, è tutto merito di Imma Carpiniello che, nell’ormai lontano 2012, gettò le basi della cooperativa che a oggi, come spiega la stessa Carpiniello, è diventata “una vera azienda in grado di aiutare queste ragazze a trovare una loro dimensione nel mondo del lavoro”. Dodici anni di caffè, dodici anni successi ma anche costellati, possiamo immaginare, da difficoltà di ogni genere; il cui valore è stato di fatto ufficialmente riconosciuto dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha conferito alla fondatrice e amministratore della cooperativa l’onorificenza di Eroe Civile.

Dall’idea della coop fino all’onorificenza

“Senza additivi e con un gusto unico e un aroma coinvolgente” spiega Carpiniello riferendosi al caffè prodotto dalle “sue ragazze”. “Un gusto che racconta un caffè non semplicemente made in Napoli ma fatto nel carcere di Pozzuoli. Un caffè fatto dalle nostre Lazzarelle”. Alla base del progetto – produrre caffè di qualità, secondo l’antica tradizione partenopea, in un carcere – la visione e la volontà di favorire una solida occasione di riscatto: a oggi la cooperativa, battezzata per l’appunto Le Lazzarelle, può vantare una produzione annua di 10 quintali di caffè e il suo successo ha portato anche alla nascita di un bar-bistrot nel cuore del capoluogo campano, dove lavorano donne agli arresti domiciliari.

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“Sono venuta in contatto per la prima volta con la realtà carceraria per motivi di studio” racconta ancora Carpiniello. “E parlando con molte detenute, chiedendo loro di cosa sentissero particolarmente la mancanza, ci si rende conto che sono tante quelle che rispondono: ‘il lavoro’. Non stiamo parlando di questioni filosofiche su come il lavoro nobiliti e dia dignità. Stiamo parlando proprio del poter affrontare il costo della vita, perché anche in carcere vivere ha un costo. A partire dal posto letto che si occupa fino ad alcuni beni definiti non di prima necessità che vanno acquistati. Come il trucco o persino gli assorbenti: viene dato il sapone, la carta igienica ma il ciclo mestruale non è considerato, a dimostrazione di come il carcere sia pensato e gestito in una maniera prettamente maschile”.

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La cooperativa è un ponte solido che permette alle ragazze di attraversare il periodo in carcere e, allo stesso tempo, di “tamponare” lo stigma che inevitabilmente si portano dietro una volta scontata la pena. “Dalla formazione in poi nel 2012 nasce ufficialmente il brand” spiega ancora la fondatrice. “Ovviamente grazie all’aiuto della direzione del carcere e tutto finanziato, con un finanziamento del fondo delle politiche sociali della Regione Campania che fu di circa 100mila euro e che ci permise di acquistare l’attrezzatura”.

E ora? Beh, spazio ai numeri: “I valore di produzione del 2021 è stata di 180mila euro e che commercializziamo circa 40mila pacchetti l’anno della nostra miscela classica”.