Cambiamento climatico, le grandi aziende alimentari stanno facendo abbastanza?

Secondo gli attivisti i piani delle grandi aziende alimentari per rispondere al cambiamento climatico sono insufficienti e inadeguati.

Cambiamento climatico, le grandi aziende alimentari stanno facendo abbastanza?

In una parola? No. Stando a quanto sostenuto dagli attivisti per il clima, infatti, le strategie messe a punto dalle più grandi aziende alimentari del mondo per allineare le rispettive pratiche commerciali con l’obiettivo di mantenere l’innalzamento della temperatura al di sotto degli 1,5 gradi Celsius sono fallimentari e inadeguate. Le promesse di tamponare (e addirittura, per i più visionari, rimediare) i danni le cambiamento climatico passano attraverso grandi e belle parole piene di aria, come “sostenibilità” e “stop alla deforestazione”, ma rimangono per l’appunto quello: il nulla fritto, prontamente mascherato da una amichevole mano di vernice color green.

Deforestazione e consumo del suolo

Siccità

Lo sfruttamento del suolo è a oggi il secondo principale motore del riscaldamento globale, preceduto naturalmente dalla combustione dei combustibili fossili, e rappresenta la principale causa di perdita della biodiversità: gli scienziati stimano che, per rispettare il sopracitato obiettivo legato agli 1,5 °C, sia necessario interrompere il processo di conversione del suolo entro il 2030, con un progresso significativo già compiuto entro la metà del decennio. In altre parole, entro il 2030 il saldo del consumo del suolo dovrebbe essere in negativo – un obiettivo ancora paurosamente lontano.

“Non possiamo più permetterci di sopportare il greenwashing o il comportamento sconsiderato di queste aziende che traggono profitto dalla distruzione degli ecosistemi” ha commentato a tal proposito Cristiane Mazzetti, attivista forestale senior di Greenpeace Brasile. “Sono le stesse aziende che poi presentano questi piani inadeguati per fermare e invertire la distruzione che stanno guidando”.

Gli attivisti denunciano in particolare una grave omissione nei piani presentati dalle suddette aziende: una data limite per fermare la deforestazione causata dalla soia. “La lotta alla deforestazione è fondamentale per rimanere al di sotto di 1,5°C” ha commentato a tal proposito Nico Muzi, amministratore delegato del gruppo ambientalista Madre Brava. “La tabella di marcia richiede una posizione proattiva per evitare future deforestazioni e conversioni, compreso un impegno concreto a non investire in ulteriori sviluppi infrastrutturali nelle frontiere chiave della deforestazione. Deve esserci un impegno per una data limite comune tra le materie prime che includa tutti i tipi di ecosistemi”.

Vi ricordiamo infine che proprio in questi giorni si sta tenendo la COP27, vale a dire la Conferenza delle Nazioni Unite per discutere della severità e di eventuali soluzioni ai cambiamenti climatici in corso; e che per torbida malizia del destino gli stessi delegati hanno avuto modo di toccare con la propria mano le conseguenze della siccità degli ultimi mesi.