COP27, i delegati toccano con mano la siccità: non c’è acqua per loro a Sharm el-Sheikh

I delegati del summit sul clima delle Nazioni Unite, il COP27, stanno sperimentando in prima persona le conseguenze della siccità.

COP27, i delegati toccano con mano la siccità: non c’è acqua per loro a Sharm el-Sheikh

La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici in corso, per gli amici COP27, si sta tenendo proprio in questi giorni (dal 6 di novembre fino al 18 dello stesso mese, per essere precisi) in quel di Sharm el-Sheikh, in Egitto; ma di fatto i delegati e i partecipanti all’evento si sono trovati a dovere fare i conti con una vera e propria battaglia per procurarsi cibo e acqua. L’intera questione sfiora di fatto l’assurdo, ma allo stesso tempo la presenza di uno spiccato sottotesto ironico è innegabile: se la siccità è uno dei problemi all’ordine del giorno, sperimentarne in prima persona le conseguenze aiuterà senz’altro a pensare a soluzioni efficaci.

Code per il cibo e niente acqua

Acqua rubinetto

D’altronde, l’equazione che porta il cibo è sempre stata dolorosamente semplice: se non c’è acqua il raccolto non cresce, e se il raccolto non cresce qualcuno si troverà a bocca asciutta. Vi suona familiare? Il nostro caro vecchio Stivale (e la maggior parte del mondo con lui, in realtà) è di fatto reduce da uno degli anni più siccitosi di sempre, con la carenza idrica che ha ormai contagiato l’autunno, tradizionalmente più piovoso, fino a compromettere la semina del grano. Situazioni analoghe si possono trovare in Ciad, Kenya, California, Regno Unito e Argentina. In altre parole, è una faccenda terribilmente seria.

In quel di Sharm el-Sheikh i delegati del COP27 hanno trovato ad accoglierli fontane vuote, spaccate dal caldo sole africano, con code di oltre quaranta minuti per aggiudicarsi un semplice snack. Apparentemente gli unici luoghi risparmiati dalle carenze sono le gelaterie, tanto che diversi delegati si sono trovati costretti a dover drasticamente cambiare la propria dieta ricorrendo anche a mangiare tre gelati in un giorno. “Tutto quello che mi avanza è una semplice pera” ha raccontato ai microfoni di The Guardian una delegata di un’università americana, che ha preferito rimanere anonima. “Però non sono riuscita a trovare dell’acqua da nessuna parte”.

Altri, come un altro delegato rimasto anonimo, si sforzano di vedere il proverbiale bicchiere mezzo pieno: “Il gelato è facile da ottenere, non dovremmo lamentarci” ha spiegato a The Guardian. Un vero buontempone: mentre i suoi colleghi soffrono per l’arsura lui si gode la possibilità di mangiare gelato a colazione, pranzo e cena. “E in più i padiglioni offrono caffè gratuito!”. Sembra davvero una vacanza da sogno.

Vi ricordiamo, infine, che il summit è di fatto sponsorizzato da Coca Cola: ora, vero che siamo un poco cinici, ma possibile che non ci fosse un brand più adatto per una Conferenza sul clima di uno accusato più volte di greenwashing? Eddai, è un po’ come invitare Salt Bae alla fiera del veganesimo.