Com’è la storia della commessa che non ha servito il gelato a Salvini

Milano: com'è andata, esattamente, lo storia della commessa che si è rifiutata di servire il gelato a Matteo Salvini?

Com’è la storia della commessa che non ha servito il gelato a Salvini

“Io non servo i razzisti”.

Così, senza tante cerimonie e con queste lapidarie parole, una giovane commessa si è rifiutata di servire Matteo Salvini, che si era recato alla gelateria Baci Sottozero di piazzale Siena a Milano per comprarsi un gelato.

A nulla sono serviti i richiami della titolare: la giovane gelataia non ha voluto sentir ragioni, e il segretario della Lega ha dovuto essere servito da un altro commesso.

La vicenda, già poco edificante di suo, avrebbe ben potuto chiudersi così, mentre invece ha avuto un nebuloso strascico nella piazza virtuale di Facebook.

[Gelato artigianale a Milano: chi sale e chi scende]

Sul social network, dopo l’accaduto, è comparso infatti un post indirizzato a Matteo Salvini, in cui tal Cristina Villani, qualificatasi come la madre della commessa ribelle, affermava che in seguito a una telefonata fatta dal segretario della Lega ai titolari della gelateria, fatta per lamentarsi del cortese servizio della loro dipendente, la figlia aveva perso il lavoro.

Concludendo poi il post con queste parole: “Credo che, invece di fare il bambino offeso e dirlo alla mamma, avrebbe potuto, da persona adulta, fare le sue rimostranze direttamente a mia figlia”.

Il post è stato rimosso dopo poche ore, ma in compenso, sempre su Facebook, ne è apparso uno scritto dalla titolare della gelateria.


Nel post si legge che la ragazza, che stava svolgendo un periodo di prova, si era rifiutata di servire Salvini per “ideologie politiche”, ragion per cui è stata ripresa dalla direzione della gelateria, “come giusto che sia, credo”.

La titolare di Baci Sottozero ha inoltre fornito una versione diversa della vicenda rispetto a quella della madre della ragazza.

E cioè che la giovane commessa, dopo aver ribadito ai titolari, che le chiedevano spiegazioni, di “non voler servire i razzisti”, si sarebbe levata il grembiule, abbandonando il posto di lavoro a metà turno “tra l’altro con il negozio pieno di clienti”.

[Allora, cari compagni foodies, se lo merita il nostro voto Salvini?]

La titolare ha infine aggiunto che non c’è stata alcuna telefonata da parte di Salvini, e soprattutto “nessun licenziamento”.

E infine, nella querelle da pollaio, è interventuo anche Matteo Salvini, in quanto diretto interessato, che sempre via Facebook ha risposto così alla madre della ragazza: “Sta scherzando, vero? Mai fatta nessuna telefonata. Cosa si inventano pur di fare polemica”.

Tanto rumore per nulla, insomma, in quanto la vicenda non ha avuto, per ora, nessuna conseguenza.

Non per la gelatia inadempiente, che si è allontanta di sua iniziativa. Non per Salvini, che è stato servito da un altro commesso, più ligio al dovere e più rispettoso dei clienti, tutti. E non per i titolari della gelateria Baci Sottozero di Milano, che non hanno subito alcun danno economico.

Infatti, il regio decreto numero 635 del 1940, tutt’oggi in vigore, prevede una multa all’esercente che non effettui la somministrazione senza giustificato motivo, come può essere l’evidente ubriachezza del cliente o la richiesta di bevande alcoliche da parte di un minore.

E non è invece previsto, tra i casi di giustificato motivo per cui negare la somministrazione a un cliente, l’adesione a un’ideologia politica diversa dalla propria.

[Crediti: Repubblica Milano]