Cremona, è nato il primo sindacato per animali lavoratori

A Cremona è nato il primo sindacato per animali lavoratori della storia, un progetto che punta a tutelare il benessere animale.

Cremona, è nato il primo sindacato per animali lavoratori

Sono muscolosi, ricoperti di pelo e si danno un gran daffare per portare il cibo sulla tavola: ci riferiamo, naturalmente, agli animali lavoratori; che da oggi potranno fare affidamento sul primo sindacato di… beh, di categoria. L’idea arriva da quel di Cremona, capitale italiana della zootecnia, e fondamentalmente consiste nell’individuare un gruppo di professionisti che si occuperanno di tutelare il bestiame migliorando le condizioni degli uffici (le stalle) tramite una serie di controlli e intervenendo in caso di segnalazioni specifiche. L’Osservatorio del Benessere Animale (Oba) – questo è il nome ufficiale, ma “sindacato per animali lavoratori” è indubbiamente più simpatico – punta dunque a declinare la tecnologia e le formazione dei suoi componenti nell’ottica della sostenibilità: una sorta di inversione a U rispetto alle pratiche intensive di cui tanto si discute.

Ma come funziona un sindacato degli animali?

allevamento mucca

“A iscriversi al sindacato sono direttamente i caseifici e le latterie, ma della ‘lotta’ se ne occupa direttamente il veterinario nel suo monitoraggio degli allevamenti” ha spiegato Nicolò Mirco Bissolati, medico veterinario e fondatore dell’iniziativa, durante un’intervista ad AgriFood Today. “Se verifico un eccesso di mortalità, ad esempio, esigo un monitoraggio del sangue per verificare se la colostratura dei vitelli è stata fatta o meno nei tempi giusti o se sono state violate altre misure”. In altre parole, è fondamentale la mediazione umana del professionista che prenderà in esame il singolo allevamento: il suo ruolo potrebbe essere riassunto in “dare la voce a chi, di fatto, non può parlare”.

L’idea, come accennato, è naturalmente quella di fare in modo che gli allevamenti riconoscano una certa dignità alle mandrie, e distribuendo benefit – esami del sangue, garanzie per la maternità, controlli pediatrici ai vitelli… – come se fossero normali dipendenti (dipendenti, si capisce, non di Starbucks; che da quelle parti ‘sti discorsi proprio non piacciono). Altra colonna portante del progetto è la digitalizzazione: grazie a un software il caseificio può monitorare le stalle fornitrici da remoto, analizzando in modo mirato gli indici di benessere non rispettati come il sovraffollamento degli animali.

Parte del progetto riguarda anche la formazione degli allevatori e dei loro dipendenti: “La componente di divulgazione è importantissima per realizzare stalle di eccellenza” ha proseguito Bissolati. “Il caseificio o direttamente l’allevatore può richiedere un intervento per tutelarsi da gente incapace”. Ma il sindacato, in realtà, altro non è che un tassello di un ben più ampio progetto: “Con gli investimenti giusti si possono creare stalle da tre milioni di euro completamente robotizzate dove l’animale neppure incontra l’uomo” racconta a tal proposito Bissolati. “Questa è una garanzia per le bovine perché l’uomo è cattivo, mentre il robot no”.