Gli italiani proverebbero la carne coltivata?

La carne coltivata rappresenta uno degli snodi più rilevanti nel determinare i connotati dell'alimentazione del futuro. Ma gli italiani la proverebbero mai?

Gli italiani proverebbero la carne coltivata?

Bagarre italianissima, quella della carne coltivata. Il mondo interpella la scienza e, in alcuni casi, la piazza addirittura nei supermercati; mentre lo Stivale si è fin da subito identificato come capofila nel gruppo del “no”. Un “no” miope e denso di contraddizioni, badate bene.

L’Ungheria ha approvato un disegno di legge che avrebbe vietato la produzione e l’immissione sul mercato, e l’Ue l’ha bocciato definendolo “ingiustificato” e “non necessario”. L’Italia, dicevamo, si era mossa ancora prima con l’ormai famigerata legge Lollobrigida; ma quando la sicumera del ministro dell’Agricoltura ha preso a scricchiolare ci si è rintanati nel consueto gioco della retorica – dall’uso del termine “sintetico” ai più o meno surreali suggerimenti di Ettore Prandini, numero uno di Coldiretti, dell’idea che la carne coltivata sia pericolosa per salute e democrazia.

Insomma: il filo degli eventi e dei colpi di testa è davvero lungo. C’è una domanda, in tutto questo, che però rischia di rimanere inevasa: ma alla fine, ‘sta carne coltivata, gli italiani la mangerebbero o no?

Quanti italiani la proverebbero davvero?

carne coltivata

A rispondere troviamo un’indagine di Altroconsumo condotta in collaborazione con i partner europei di Euroconsumers. AC ha inviato un questionario a un campione distribuito come la popolazione italiana (per genere, età, ovvero 18-74 anni, livello di istruzione e regione), ottenendo 1.001 risposte valide, e scoperto che oltre il 70% degli italiani ha dichiarato di avere già sentito parlare della carne coltivata. Il che è un inizio.

La marcia di Coldiretti contro la carne coltivata è stata un’ottima iniziativa La marcia di Coldiretti contro la carne coltivata è stata un’ottima iniziativa

Poco meno della metà del campione preso in esame (il 47%, a essere precisi) ha ammesso di essere disposto a provarla se fosse disponibile sul mercato, che a dire il vero è poco meno di una ricerca condotta lo scorso anno secondo cui più di un italiano su due (il 60%) l’avrebbe provata. Un’occhiata ai “no”, dunque: cosa li ferma?

Secondo i dati di Altroconsumo il 46% degli intervistati dichiara di “non fidarsi”, e la metà esatta esprime timori legati a possibili rischi per la salute nel lungo periodo. Nonostante ciò, il 34% si dichiara disposto a introdurla nella propria alimentazione se dimostrasse benefici per la salute, e quasi uno su tre tra gli scettici rivedrebbe la propria posizione alla luce di vantaggi concreti.

Anche il prezzo della carne coltivata è importante, infatti, quasi la metà degli intervistati si aspetta un costo inferiore rispetto alla carne convenzionale, il 31% la includerebbe nella dieta solo a fronte di un prezzo competitivo, e il 54% ritiene che il successo dipenderà dalla sua accessibilità. Insomma, prezzo e sicurezza: perni comprensibili e francamente fondamentali.

A questo punto, però, la domanda sorge spontanea: perché la comunicazione istituzionale non si concentra su questi aspetti, e preferisce intorbidire le acque con posizioni più volte definite ideologiche? A oggi, l’impressione è che lo Stivale si sia autosabotato uccidendo sul nascere una filiera – quella della carne coltivata, per l’appunto – che avrebbe potuto rappresentare una potenziale eccellenza a livello internazionale, spingendo il tanto caro Made in Italy anche come pioniere dell’innovazione. O forse la pratica spaventa più della retorica?