Grano, guerra e cambiamento climatico fanno calare il raccolto mondiale a 775 milioni di tonnellate

Il raccolto mondiale di grano cala a sole 775 milioni di tonnellate a causa dell'azione combinata di guerra e cambiamento climatico.

Grano, guerra e cambiamento climatico fanno calare il raccolto mondiale a 775 milioni di tonnellate

C’è un grosso problema e, a meno che non abbiate passato gli ultimi mesi sotto una pietra (beati voi), sapete già di cosa stiamo parlando. Un cocktail esplosivo in cui gli ingredienti principali sono due anni di pandemia, lo scoppio di un conflitto armato tra due dei principali produttori globali di cereali e fertilizzanti e, ultimo ma non ultimo, il cambiamento climatico; che di fatto ha annegato il raccolto mondiale di grano facendolo scendere fino a una produzione complessiva di appena 775 milioni di tonnellate, con una diminuzione delle scorte globale che si assesta a -267 milioni – il livello più basso degli ultimi sei anni.

Grano duro

Insomma, la tempesta perfetta: perfino i Paesi che potrebbero sopperire al grande vuoto lasciato da Ucraina e Russia, come l’India, rischiano di trovarsi con le scorte ridotte ai minimi storici (tanto che Nuova Delhi ha deciso di sospendere le esportazioni) a causa di eventi climatici avversi, con la tetra previsione dell’ONU che pare farsi sempre più spaventosamente concreta. Un calo fisiologico che ha coinvolto anche i produttori “minori” come la Germania, la Francia, la Spagna e la stessa Italia, e che verosimilmente potrà essere tamponato solamente da un’azione diplomatica che coinvolga sia Mosca che Kiev.

“Le difficoltà nella produzione e nel commercio stanno alimentando l’interesse sul mercato delle materie prime agricole della speculazione commenta a tal proposito Coldiretti in una nota “che  si sposta dai mercati finanziari ai metalli preziosi, come l’oro, fino ai prodotti agricoli, dove le quotazioni dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato; che di fatto trovano nei contratti derivati “future” uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto, a danno degli agricoltori e dei consumatori”.