Il boicottaggio in Medio Oriente può far paura ai grandi marchi del food americani?

Il Medio Oriente è scosso da un ampio tentativo di boicottaggio dei marchi americani, accusati di sostenere Israele.

Il boicottaggio in Medio Oriente può far paura ai grandi marchi del food americani?

Starbucks, McDonald’s, Coca Cola, Domino’s Pizza – la lista dei marchi a stelle e strisce in Medio Oriente presi di mira da un ampio boicottaggio è lunga. La cosiddetta pietra dello scandalo, come probabilmente alcuni di voi potranno avere intuito, affonda le proprie radici nel conflitto tra Hamas e Israele; e più precisamente nel supporto che tali marchi starebbero garantendo – secondo la percezione dei locali – a quest’ultimo.

L’esempio che immediatamente salta agli occhi è quello degli archi dorati: un franchising di McDonald’s con sede in Israele ha annunciato, di sua iniziativa, che avrebbe regalato pasti ai soldati dell’esercito israeliano – una mossa che ha spinto gli altri franchising a prendere le distanze e che ha contribuito inevitabilmente a macchiare l’immagine del brand in questo particolare angolo di mondo.

Uno sguardo al boicottaggio in Medio Oriente

Coca Cola bottiglie

D’altro canto non è certo la prima volta che una guerra finisce per mischiarsi, e di conseguenza deformare, con il settore alimentare. L’esempio più recente è naturalmente quello della guerra tra Russia e Ucraina, con decine di marchi con radice occidentale che, a una manciata di giorni dall’inizio dell’invasione, ritennero opportuno sospendere o addirittura abbandonare le proprie attività sul suolo russo; lasciando la possibilità a imprenditori locali di rilevare le attività per dare una parvenza di continuità. È il caso di McDonald’s e di Domino’s Pizza, tanto per intenderci.

McDonald’s & co. devono capire da che parte schierarsi nella guerra in Medioriente McDonald’s & co. devono capire da che parte schierarsi nella guerra in Medioriente

Ma torniamo a noi: quello del sopracitato franchise israeliano di McDonald’s non è affatto un caso isolato. Appena una manciata di giorni fa il parlamento turco ha deciso di mettere al bando Coca Cola e Nestlé sempre a causa di un presunto sostegno a Israele.

Insomma, il boicottaggio in Medio Oriente ha un peso specifico non da sottovalutare, e che di fatto comincia a tradursi in numeri: il The National, quotidiano con sede a Abu Dhabi negli Emirati Arabi Uniti, ha riferito che le scorte di Pepsi e Coca Cola detenute dai distributori locali sono aumentate nelle ultime settimane a causa di un rallentamento delle vendite in vari punti vendita e ristoranti; determinando un netto aumento delle vendite per i prodotturi locali più piccoli.

Coca Cola e Nestlé accusate (ancora una volta) di greenwashing Coca Cola e Nestlé accusate (ancora una volta) di greenwashing

“Il boicottaggio arabo dei marchi americani a causa del conflitto israelo-palestinese evidenzia le emozioni profondamente radicate e l’attivismo politico che questa questione suscita nella regione” ha spiegato Ehsan Amin, saudita, durante una breve intervista ad Arab News. “Ogni persona ha il suo modo di dimostrare solidarietà. Alcuni protestano per le strade e altri boicottano. Io ho scelto di boicottare”.