Influenza aviaria, nuovo focolaio in Bulgaria: abbattute 25 mila quaglie

La Bulgaria segnala un nuovo focolaio di influenza aviaria: per contenere il contagio sono state abbattute 25 mila quaglie.

Influenza aviaria, nuovo focolaio in Bulgaria: abbattute 25 mila quaglie

Lo spettro dell’influenza aviaria continua a macchiare il Vecchio Continente: l’epidemia attualmente in corso, che le autorità sanitarie non esitano a definire “la più grave di sempre”, sta continuando a imperversare in tutto il mondo innescando abbattimenti di massa nel tentativo di tamponare e prevenire quando possibile la diffusione del contagio. Il caso più recente, l’ultimo di una lunga serie, è stato segnalato in Bulgaria presso un allevamento situato a qualche decina di chilometri dalla capitale Sofia: le autorità per la sicurezza alimentare bulgare hanno comunicato di avere già intrapreso le operazioni per la messa in sicurezza, che come accennato prevedono l’abbattimento di circa 25 mila quaglie e la distruzione delle loro uova.

Influenza aviaria: la situazione in Europa e il rischio di una pandemia

Come di consueto anche questo particolare focolaio è stato individuato in seguito alle segnalazioni di un tasso di mortalità insolitamente alto tra i capi di allevamento: le autorità sanitarie bulgare si sono naturalmente attivate per effettuare i test del caso e scoperto la positività al virus. Non si tratta, a onore del vero, del primo caso individuato sul territorio nazionale: durante lo scorso autunno, infatti, le autorità sanitarie locali avevano già annunciato l’abbattimento di circa 19 mila galline presso un allevamento industriale nel sud del Paese.

Influenza aviaria: perché l’epidemia più grave di sempre non ci preoccupa quanto dovrebbe? Influenza aviaria: perché l’epidemia più grave di sempre non ci preoccupa quanto dovrebbe?

Come abbiamo brevemente accennato in apertura d’articolo la situazione dell’intero blocco europeo è piuttosto disperata: appena un paio di settimane fa, ad esempio, la Repubblica Ceca si è vista costretta ad abbattere 750 mila galline da allevamento – una carneficina che, naturalmente, ha riacceso le polemiche sull’aspetto etico e sull’effettiva sostenibilità di una filiera che per tentare di sopravvivere si sta essenzialmente mutilando -; mentre in Francia, Paese che ha già sanguinato copiosamente per l’epidemia in corso, il Ministro dell’Agricoltura locale ha annunciato un netto (e ulteriore) peggioramento della situazione.

La comunità scientifica, nel frattempo, sta facendo del suo meglio per valutare i rischi per l’essere umano: è bene notare, prima di spaventarsi eccessivamente, che a oggi il rischio effettivo per l’uomo rimane piuttosto basso, ma è pur vero che alcuni Paesi hanno già segnalato i primi casi di contagio. Ciò che preoccupa gli scienziati, in particolare, è l’alta instabilità del virus, che potrebbe mutare fino a diffondersi con facilità nell’uomo e dopodiché evolversi ancora per consentire la trasmissione uomo a uomo. La possibilità, per quanto esile, è pericolosamente esistente; e se dovesse tramutarsi in realtà potrebbe significare l’arrivo di una nuova, violenta pandemia.