La carne coltivata al vaglio di Report in un servizio di Giulia Innocenzi

Giulia Innocenzi ha provato a Singapore la carne coltivata di pollo esaminata poi da Report. E sorpresa: è buona, sa di pollo ed è indistinguibile dalla carne d'allevamento.

La carne coltivata al vaglio di Report in un servizio di Giulia Innocenzi

Tramite un post sui social, Giulia Innocenzi ha fatto sapere di aver provato la carne coltivata di pollo, quella che poi è stata esaminata anche in una puntata di Report. Ebbene, Innocenzi ha poi espresso il suo parere: è buona, sa di pollo ed è indistinguibile da quella d’allevamento. Il che è perfettamente logico visto che sempre carne di pollo è.

Cosa ne pensa Giulia Innocenzi della carne coltivata?

Carne coltivata

Nel post Giulia Innocenzi spiega di aver provato la carne a base cellulare, quella impropriamente chiamata “sintetica” ma che, come abbiamo spiegato anche noi più volte, non ha nulla di sintetico visto che parte dalla replicazione cellulare di una vera cellula animale.

Innocenzi ha potuto provare la carne sintetica a Singapore visto che questo è stato il primo paese al mondo ad autorizzarne la vendita. Dopo aver anticipato che avrebbe raccontato tutto nella successiva puntata di Report, ha sottolineato che lo avrebbe fatto “senza ideologie” visto che è troppo facile associare “Frankenstein” a un prodotto nuovo di cui i consumatori praticamente non sanno nulla.

Tuttavia la cosa importante è fare chiarezza. Dopo averla assaggiata, Giulia Innocenzi ha rivelato quello che già sospettavamo: il sapore è assolutamente identico alla carne tradizionale. E ci credo, aggiungerei io: deriva da cellule di pollo, sono cellule vere di pollo, dunque è pollo.

Comunque sia, per scongiurare le rimostranze di chi “Eh, ma te che ne sai della carne visto che non me mangi da dieci anni?”, ecco che ha spiegato che anche tutti coloro che intorno a lei assaggiavano il pollo a base cellulare per la prima volta, filmaker incluso, sono rimasti a bocca aperta in quanto non erano in grado di distinguerlo da quello tradizionale.

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A questo punto Innocenzi si chiede quello che anche noi ci stiamo domandando da un po’: se le aziende riusciranno a ridurre i costi, se la sostenibilità ambientale sarà confermata e se le Autorità per la sicurezza alimentare europea ne confermeranno la sicurezza, perché mai dovremmo continuare a preferire polli imbottiti di antibiotici, magari selezionati geneticamente per avere un petto enorme e costretti a vivere una misera vita di 35 giorni chiusi in gabbie e capannoni malsani, polli a cui al macello taglieranno la gola con una lama e con uno stordimento che spesso fallisce?

Giulia Innocenzi ammette che ci sarà sempre chi preferirà mangiare questo pollo tradizionale, ma non ci sono problemi perché potrà continuare a farlo. Quello che però appare insensato è impedire ai consumatori di avere una libertà di scelta. Il concetto è sempre lo stesso: avere più opzioni di scelta non vuol dire obbligare a una scelta. Ma ridurre tali opzioni sì.

Innocenzi si chiede poi se tale divieto (ricordiamo che in Italia il Governo ha vietato sia la produzione che la commercializzazione di questa carne a priori in quanto l’attuale governo e annesso Ministero dell’Agricoltura e tutte cose deve avere una sorta di fobia nei confronti della carne coltivata. Mi immagino quasi che quando qualcuno al Ministero nomina la carne coltivata, di sottofondo parta un nitrito di cavalli… anzi, in questo caso un chiocciare di polli. Ogni riferimento a una nota pellicola di Mel Brooks non è puramente casuale) non sia stato fatto preventivamente proprio perché si ha paura di quello che i consumatori andranno a scegliere.