L’impatto del Veganuary è impressionante (almeno in UK)

I dati indicano che il Veganuary sta diventando ben più di una semplice sfida: diamoci un'occhiata.

L’impatto del Veganuary è impressionante (almeno in UK)

Sorprendente? Sì, seppur con qualche riserva. Vogliamo dire, è innanzitutto bene notare che il Regno Unito è, a onore del vero, la patria natia del Veganuary – la sfida che, come avrete già intuito dal nome, invita a seguire una dieta vegana per il primo mese dell’anno. L’obiettivo è quello di mettersi alla prova in un contesto salutare, promuovendo abitudini sane e cogliendo l’aria dell’anno nuovo per provare qualcosa di nuovo che, perché no, potrebbe poi essere traslato in una vera e propria abitudine.

Dall’altra parte della Manica, dicevamo, è un gran successo. Dal suo lancio nell’ormai lontano 2014, il Veganuary ha fatto registrare un aumento dei partecipanti anno dopo anno: nel 2023 si contano più di 700 mila persone e, considerando che tale cifra deriva dal numero di iscritti ufficiali sul sito dell’iniziativa, è plausibile immaginare che i partecipanti effettivi siano nettamente di più.

Veganuary: un’occhiata ai numeri

dieta vegana

Il successo del Veganuary, secondo uno studio condotto dalla testata britannica The Conversation, poggia principalmente su due pilastri. Il primo è la sua collocazione temporale, similarmente al Dry January, la sfida si colloca in un periodo dell’anno in cui le persone sono tendenzialmente più aperte a provare nuove abitudini, anche e soprattutto se queste hanno radici salutari.

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In secondo luogo, Veganuary è un’esperienza sociale: affrontare una sfida – o un ostacolo, se preferite – in compagnia può aiutare a superare l’inerzia iniziale e a farsi forza nei momenti di debolezza. A supporto di questa tesi, The Conversation ha svolto un secondo sondaggio da cui è emerso che il 98% dei partecipanti consiglierebbe l’esperienza d un amico.

Già che abbiamo cominciato a introdurre dei numeri, è bene dare un’occhiata a un altro paio di dati particolarmente notevoli: il 78% dei partecipanti ha deciso di ridurre di almeno la metà il consumo di prodotti animali una volta terminato il periodo della sfida, e il 25% ha addirittura dichiarato di volere rimanere vegano.

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E la popolarità del Veganuary si traduce anche nelle abitudini di consumo: basti pensare al fatto che, nell’edizione di soli due anni fa, Tesco avesse annunciato di avere raddoppiato le vendite di prodotti vegani; o in termini più ampi che il consumo pro capite di carne nel contesto britannico sia sceso del 17% dal 2008 al 2019 (un trend, quest’ultimo, comune anche ad altri Paesi, Germania in primis), o ancora che il numero di vegani sia aumentato del 370% negli ultimi cinque anni.

C’è un ultimo dato, tra quelli riportati da The Conversation, che spicca particolarmente – dei partecipanti intervistati solamente il 21% ha risposto di volere affrontare il Veganuary per motivi legati alla salute. La stragrande maggioranza (40%, a essere precisi) ha invece indicato il benessere degli animali: siamo davvero sull’orlo di una nuova era dell’alimentazione, basata sulla consapevolezza circa la provenienza del cibo?