Sei ciò che mangi – gemelli a confronto (su Netflix) parla della nostra salute, non di veganismo

Ventidue coppie di gemelli monozigoti divisi tra alimentazione vegana e onnivora: l'esperimento di "Sei ciò che mangi - gemelli a confronto" (su Netflix) è disarmante.

Sei ciò che mangi – gemelli a confronto (su Netflix) parla della nostra salute, non di veganismo

Se nemmeno la visione di Sei ciò che mangi – gemelli a confronto (miniserie appena uscita su Netflix, che racconta di un esperimento) riesce a smuovere le domande più basiche sul nostro posto nel mondo, allora mi chiedo cos’altro la comunità scientifica possa fare. E il fulcro della questione non è la lotta tra vegano e non vegano bensì il futuro della nostra salute, e del pianeta che occupiamo. Ventidue coppie di gemelli monozigoti (nel documentario ne vediamo però 4) sono seguite per otto settimane da un team di medici/specialisti/genetisti/allenatori, per constatare come l’organismo di ciascun fratello cambi nel corso di due mesi. A un gemello è assegnata un’alimentazione vegana sana, all’altro invece è assegnata un’alimentazione onnivora altrettanto sana: una delle due migliorerà la salute generale dell’individuo.

Il perché: la verità è che, purtroppo, attivismo o informazione cruda sugli allevamenti intensivi (di carne ma anche di pesce) e sulla sofferenza delle bestie saranno sempre ignorati, considerati esagerati da troppe persone. Lo stesso vale per le conseguenze climatiche e ambientali derivate dallo specismo. E se dicessi che a subire danni siamo noi umani, continuando a scegliere carne nei nostri pasti quotidiani? E se dicessi che anche il miglior ristorante al mondo ha fatto marcia indietro a favore di un’alimentazione priva di animali e derivati? Difficile fare un sunto esaustivo, ma ci provo.

L’esperimento: dieta vegana e dieta onnivora a confronto

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L’esperimento non lascia nulla al caso. I gemelli condividono lo stesso DNA, il che consente un confronto particolarmente accurato sui risultati. Le coppie, poi, sono state selezionate di entrambi i generi e tra le più disparate età ed estrazioni sociali; persino lo stile di vita è stato diversificato: due gemelli sono nel ramo dei formaggi, due gestiscono una società di catering, altri sono studenti e body builder in erba, le ultime sono insegnanti. Peso, massa grassa e massa magra, grasso viscerale, libido, resistenza, età biologica e attività cerebrali sono solamente alcuni dei dati sottoposti al test: le prime settimane ogni gemello avrà pasti pronti da scaldare (vegani per uno, onnivori per l’altro), per le ultime quattro invece a cucinare saranno loro stessi, mentre l’attività fisica sarà la medesima per entrambi e seguita da personal trainer che fanno parte dell’esperimento.

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Non è una novità, nel passato più recente sono già state condotte ricerche su questo argomento ma ora cambia tutto: l’esperimento è in mondo visione, accessibile alla maggior parte delle persone, in un linguaggio semplice e visivo che ha però lo stesso peso di un trattato scientifico. I dati sono infatti condivisi e spiegati, tanto ai partecipanti dell’esperimento quanto a noi che guardiamo da casa. Anche le premesse sono molto chiare: una cinquantina di persone non sono un numero sufficiente per validare un vero e proprio compendio scientifico, ma sono sicuramente un buon punto di partenza che lancia messaggi difficili da ignorare.

La carne come le sigarette e il fumo passivo

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Non si parla di dieta Mediterranea (che nell’attualità storica e sociale lascia un po’ il tempo che trova) ma di “american diet”, non salutare perché letteralmente dominata da carne, formaggio e altri derivati animali. Negli Stati Uniti il consumo di carne è ormai da tempo fuori controllo, e tutto è iniziato con la seconda guerra mondiale: i giovani che volevano arruolarsi erano troppo magri, motivo per cui si è innescato l’aumento di produzione nonché il processo di lavorazione della carne. Per farla mangiare anche a chi non poteva permettersela, e consentire di combattere. La fine della guerra non ha rallentato l’ingranaggio, anzi il fine è diventato economico e inarrestabile: in pochi anni, le industrie hanno portato cibi economici e molto lavorati nelle case di tutti, e in tutti i supermercati, a prezzi sempre inferiori. E la comunicazione ha aggravato le cose, esattamente come quando chiedeva ai dottori di fare spot pubblicitari indicando quale marca di sigarette fumare pur avendo già in mano i dati che le correlavano al cancro ai polmoni.

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Più consumo significa star dietro alla produzione. Significa accelerare il ciclo di vita degli animali, significa creare uno spazio sempre maggiore per gli allevamenti (disboscando, bruciando, occupando con nuovi esemplari e cercando nuovi terreni in cui fare tutto d’accapo), significa raccogliere infinite tonnellate di liquami ed escrementi e spruzzarli nell’aria e sull’erba creata per nutrire gli animali con cui ci nutriamo noi. Escrementi che, in moltissime aree degli Stati Uniti – quelle periferiche e maggiormente industrializzate – finiscono sui panni stesi, nelle case, addosso alle persone e infettano battericamente pareti e giocattoli. Esattamente come il fumo passivo finisce dentro a chiunque, anche a chi non fuma.

Una popolazione longeva, a 2 km dal primo McDonald’s della storia

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Ecco uno dei fattori che ha portato a fare una simile sperimentazione: “ci sono vari luoghi in America dove la gente non ha accesso ad alimenti salutari, ed è così che si creano i deserti alimentari“, dove vige l’assenza di cibo fresco (inteso non solo come frutta e verdura ma anche come carni non lavorate) e ci si nutre nei fast food. Tuttavia c’è un esempio topografico interessante: San Bernardino è la città dove è nato il primo McDonald’s della storia ed è dunque scontato ipotizzare le abitudini alimentari della popolazione, eppure proprio li accanto c’è Loma Linda.

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Loma Linda ha una popolazione che vive in media dieci anni in più rispetto a chiunque altro: le persone, laggiù, hanno accesso a frutta, verdura, legumi, alimenti sani, e svolgono attività fisica regolare. Soprattutto, la popolazione di Loma Linda è perlopiù vegetariana. Stessa area geografica, stesso clima, stessa terra, stessa vegetazione, stessa acqua, 2 km di distanza tra i “quartieri”: a cambiare è solamente il cibo, che in un posto fa ammalare e nell’altro allunga la vita. Ecco il nodo centrale della sperimentazione.

Lo schieramento del Miglior Ristorante al mondo

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Se non basta l’attivismo e il veganismo di celebrities come Arnold Schwarzenegger, Leonardo di Caprio e Lewis Hamilton, o di chef mediatici come Gordon Ramsey, ascoltiamo la voce di chef Daniel Humm del ristorante Eleven Madison Park di New York – eletto migliore al mondo nel 2017. Arrivato letteralmente alle vette del globo quanto a successo, lo chef ha iniziato a “sentirsi vuoto e a chiedersi da dove venisse esattamente tutto il cibo cucinato e servito“, considerando anche i peggioramenti del cibo negli anni quanto a sapore e reperibilità.

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Celebre per pietanze iconiche come l’anatra arrosto con miele e lavanda, l’astice cotto nel burro o il foie gras, ben presto l’inversione di marcia è stata totale a favore di un menu vegano. E, come scritto sopra, non solo per una questione etica nel rispetto degli animali ma anche per tutto il resto. Non è l’unico stellato a porsi nuovi obiettivi, e sono in aumento i ristoratori che scelgono profili più sostenibili in cucina – vedasi l’elenco delle stelle verdi nella Guida Michelin: insomma, il fine dining sta andando (vuoi per moda, vuoi per convenienza, vuoi per credo) in questa direzione. La prova del successo di tale tendenza è che l’Eleven Madison Park, in versione vegana, ha tutt’ora tre stelle Michelin.

Vegano batte onnivoro 6 a 0

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Come alimentazione vegana, il team che conduce l’esperimento ha incluso prodotti alla portata di tutti. Esatto: anche i cosiddetti surrogati (ovvero quei cibi plant based o le linee Beyond Meat, Miyoko’s Creamery e simili) che ricordano per aspetto e/o sapore carne, pesce e derivati. Perché? Perché è realistico che ci si rivolga ad essi in un primo step di rinuncia agli alimenti di origine animale. A spiegare l’aspetto emotivo e sensoriale legato al cibo vegano c’è anche l’intervento di Thimus, che Dissapore conosce bene grazie al panel dei panettoni. Entrambe le diete erano tecnicamente sane, eppure una delle due è risultata nettamente migliore.

I risultati

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Le otto settimane sono concluse e i risultati condivisi con tutti noi. Non c’è stato un solo gemello deluso dall’esperimento o che non ne esca a suo modo migliorato (maturato, sensibilizzato): alcuni di loro dichiarano di voler proseguire con l’alimentazione vegana. Ma passiamo ai dati concreti:

  • colesterolo LDL: è diminuito sensibilmente con la dieta vegana (10% in due mesi), rimanendo invariato se non maggiore nel caso degli onnivori;
  • infiammazione che porta a problematiche (TMAO): il dato precipita con la dieta vegana, mentre è invariato o aumentato con la dieta onnivora comprensiva di carne;
  • salute intestinale: nei vegani, aumentano i batteri utili per l’intestino e diminuisce l’infiammazione intestinale;
  • età biologica (non quella anagrafica bensì quella fisico-cerebrale, cellulare): i gemelli che hanno seguito la dieta vegana sono risultati infine biologicamente più giovani rispetto ai fratelli onnivori;
  • libido (pressione sanguigna genitale): l’alimentazione vegana ha aumentato esponenzialmente la libido di chi l’ha seguita, con valori molto più alti rispetto a chi ha seguito l’alimentazione onnivora;
  • composizione corporea e prestanza atletica: tutti hanno perso peso ma alcuni gemelli che hanno seguito la dieta vegana hanno anche perso massa muscolare. Tuttavia, sempre per “errori” del soggetto: o mangiava troppo poco non rispettando le regole e i pasti forniti o non faceva attività come avrebbe dovuto. Di contro, la muscolatura di chi ha mangiato in maniera onnivora è rimasta soddisfacente, tuttavia il loro grasso viscerale non è diminuito anzi in alcuni casi è aumentato

Conclusioni personali

Mi è rimasto solamente un sassolino, alla conclusione del documentario: si è parlato di costi solamente in maniera marginale. Hanno spiegato benissimo il meccanismo che porta ad un prezzo sempre minore per gli alimenti di peggiore qualità (quelli con cui le persone meno abbienti si nutrono), ma di contro non hanno parlato dei costi di un’alimentazione vegana o fresca, non lavorata. Sarebbe stato interessante farlo, anche solo per far comprendere alle persone il perché mangiare bene e sano abbia un prezzo maggiore, visto che su questo argomento c’è molto scetticismo e ignoranza.

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Per il resto, rimane un esperimento difficile da digerire e che scuote nel profondo. Dopo aver guardato, consultato documenti, elaborato tutte le informazioni, sono infatti giunta a una serie di domande: e adesso che scuse abbiamo? Come si potrebbe negare tutta questa mole di fatti? Come potremmo essere tranquilli per la vita tra tot anni, senza cambiare alcunché?