L’influenza aviaria ha cancellato gli studi sugli animali in Antartide

L'influenza aviaria continua a imperversare tra i ghiacci, e la ricerca rimane paralizzata.

L’influenza aviaria ha cancellato gli studi sugli animali in Antartide

L’influenza aviaria continua a imperversare anche tra i ghiacci dell’Antartide. La presenza del virus è stata rilevata per la prima volta nelle zone continentali poco meno di un mese fa, innescando nella comunità scientifica il timore di una potenziale e spietata proliferazione del contagio nelle fitte (e pertanto fragili) colonie locali di uccelli e mammiferi. Ora, stando a quanto riportato da Nature, pare che proprio a causa del morbo in questione le operazioni di ricerca in questo particolare angolo di mondo siano state interrotte, e che numerosi progetti previsti per il prossimo anno circa lo studio di pinguini, foche e altri esemplari di fauna selvatica possano essere allo stesso modo cancellati.

Sono più che eloquenti, a tal proposito, le parole di Antonio Quesada del Corral, microbiologo che gestisce il programma spagnolo di ricerca sull’Antartide: “Questa è la prima volta che ricordo un accesso così ridotto alle colonie animali da quando ho iniziato la mia carriera in Antartide nel 1996″, ha spiegato. “Diversi progetti sono stati annullati quest’anno, perché volevamo ridurre il rischio di contrarre un’infezione alle persone o di essere un vettore che diffonde la malattia tra diverse colonie animali”.

Influenza aviaria in Antartide: il quadro della situazione

influenza aviaria

Come accennato in apertura di articolo, i primi casi di influenza aviaria nell’Antartide continentale sono stati individuati nel mese di febbraio nelle carcasse di alcuni uccelli morti. Il timore che il contagio potesse innescare una vera e propria carneficina, naturalmente, era vivissimo: i programmi di ricerca, di conseguenza, sono stati rivisti, permettendo ai soli ricercatori specializzati in malattie infettive e virus di accedere alle colonie animali.

Nel frattempo, nella zona sub-antartica, le autorità locali hanno segnalato casi di influenza aviaria anche nelle foche orso, negli albatros e nei pinguini, alimentando il livello di allarme; mentre è bene notare che nel mese di gennaio è stato registrato il primo caso di morte di un orso polare sempre a causa del virus in questione.

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Le restrizioni sanitarie, dicevamo, hanno causato un brusco rallentamento – spesso e volentieri tradotto in un vero e proprio blocco – delle operazioni di ricerca: la batteria dei sensori piazzati nelle colonie di animali, fortunatamente, dovrebbero durare ancora fino al prossimo anno – sempre che la stagione epidemica in corso permetta ai ricercatori di avvicinarsi alla colonie e recuperare il tutto.

Naturalmente non è solo la ricerca spagnola a essere stata compromessa: l’attività degli scienziati argentini, ad esempio, è rimasta bloccata dall’imposizione di restrizioni della stessa natura. “Abbiamo sospeso tutte le attività che avevano un contatto diretto con gli animali, ovunque abbiamo osservato animali con comportamenti insoliti o un insolito aumento del numero di morti” ha spiegato a tal proposito Martín Ansaldo, ecologista dell’Istituto Antartico Argentino di Buenos Aires.