Peste suina africana: gli animalisti contro l’ordinanza che permette di mangiare “i capi cacciati”

Gli animalisti contestano l'ordinanza atta al contrasto della peste suina africana, che di fatto permette di mangiare i "capi cacciati".

Peste suina africana: gli animalisti contro l’ordinanza che permette di mangiare “i capi cacciati”

Fa discutere (e non poco) l’ordinanza risalente alla scorsa settimana che di fatto sancisce il via libera agli abbattimenti selettivi di cinghiali, presentati come misura necessaria al contenimento della peste suina africana, che di fatto si è espansa dalla zone originali (cioè i boschi lungo il confine tra Piemonte e Liguria) fino al comune di Roma. Provvedimento che di fatto prevede anche, in determinate condizioni, la possibilità di mangiare “i capi cacciati” – un corollario che ha innescato una nuova protesta da parte degli animalisti.

maiali

Diciamo “nuova” perché, di fatto, la protesta davanti alla Riserva dell’Insugherata (dove tra l’altro furono rinvenuti i primi casi romani) risale ad appena una manciata di giorni fa: le organizzazioni animaliste della Capitale, tuttavia, non hanno alcuna intenzione di stare con le mani in mano e di fatto scendono nuovamente in campo per contestare l’ordinanza in questione. “Non solo si apre la caccia al cinghiale fuori stagione alle porte di Roma” ha commentato a tal proposito Rita Corboli, delegata cittadina dell’OIPA “ma si consente anche di farne carne da macello per trasformarla in salsicce e bistecche” Salsicce e bistecche? Eh sì, perché stando al provvedimento di cui sopra, nel punto in cui ricorda che “la Regione regolamenta l’attività venatorio e di controllo verso la specie cinghiale” si sottolinea che i capi cacciati “possono essere destinati all’autoconsumo”; a patto naturalmente che il tutto si svolga “all’interno della stessa zona di attenzione e solo se risultati negativi ai test sulla ricerca del virus PSA”.

“Per sei esemplari trovati positivi al virus della peste suina, non pericolosa per l’uomo, si farà strage” rincara la dose Cordoli. “Prima ripopolano a uso e consumo dei cacciatori, poi decidono il ‘depopolamento’ sulla pelle di esseri senzienti senza considerare misure alternative”. I virologi, nel frattempo, sottolineano come il rischio più grande sia quello che il virus entri in contatto con gli allevamenti, stringendo il campo delle misure di contenimento al solo lockdown degli animali.