Pesticidi, l’Europarlamento è diviso sulla riduzione: “Indebolisce la sicurezza alimentare”

Il taglio dei pesticidi proposto dalla Commissione europea fa discutere l'Europarlamento: alcuni politici temono per la sicurezza alimentare.

Pesticidi, l’Europarlamento è diviso sulla riduzione: “Indebolisce la sicurezza alimentare”

La questione pesticidi è decisamente scomoda: da un lato abbiamo la proposta presentata dalla Commissione europea di dimezzarne l’uso entro il 2030, dall’altra le frange evidentemente più vicine all’agricoltura del Vecchio Continente che temono le conseguenze di un taglio così drastico. Due schieramenti non netti, naturalmente; ma che si affrontano pur riconoscendo i meriti dell’altro. La più recente “insurrezione” arriva dal Partito popolare europeo, gruppo di maggioranza all’Europarlamento che può annoverare, tra le proprie file, anche la presidente stessa della Commissione Ursula von der Leyen, che boccia l’idea di Bruxelles definendola “irrazionale” in quanto andrebbe a indebolire “la sicurezza alimentare”.

La difficile danza dei pesticidi

pesticidi

La bocciatura è stata presentata da Alexander Bernhuber (Austria, della commissione Ambiente) e da Franc Bogovic (Slovenia, membro della commissione Agricoltura e produttore di miele), con quest’ultimo che ha esposto come il taglio in questione, in quanto “non basato sui fatti”, starebbe portando a un “crescente euroscetticismo nelle aree rurali”.

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La cosiddetta pietra dello scandalo, naturalmente, riguarda una potenziale mutilazione dei raccolti; un’arma già più volte brandita dagli oppositori del taglio ai pesticidi (pensiamo alla recente protesta dei produttori di zucchero, che non hanno lasciato spazio ai dubi: “Niente pesticidi, niente raccolti”). A gettare benzina sul fuoco c’è la proposta della chef televisiva austriaca Sarah Wiener dei Verdi, che ha chiesto di alzare la severità della riduzione arrivando all’80% in meno di sostanze pericolose accompagnando il taglio con una tassazione sul loro uso.

Altra patata bollente è quella inerente alle cosiddette “aree sensibili“, così qualificate per un tasso di inquinamento dei suoli e delle acque tale da compromettere la biodiversità: in questo caso, l’esecutivo europeo mira a un divieto totale. Bernhuber, ancora una volta, ha citato la paventata riduzione dei raccolti: “Questo significherebbe che non ci sarebbero del tutto delle coltivazioni nelle aree sensibili” ha spiegato “perché queste necessitano pesticidi”.

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Il dibattito è acceso, insomma, e trovare un equilibrio nella complessa danza che regola la tutela dell’ambiente (e degli stessi agricoltori, di fatto) e il mantenimento di un raccolto relativamente abbondante sembra sempre più difficile. Lo snodo fondamentale pare rimanere sempre lo stesso, come accennato: nonostante il gran numero di pareri scientifici che attestano la pericolosità per gli animali, la natura e l’uomo di queste sostanze chimiche, i politici di numerosi schieramenti – tra cui anche quelli tra le fila dei Socialisti e di Identità e Democrazia – si dicono contrari quando confrontati con lo scarso numero di valide alternative di tipo biologico.