Prosciutto di Parma nella bufera a causa dell’inchiesta di Report sugli allevamenti di maiali

L'ultima inchiesta di Report sugli allevamenti di maiali destinati alla produzione del Prosciutto di Parma ha suscitato qualche polemica e perplessità

Prosciutto di Parma nella bufera a causa dell’inchiesta di Report sugli allevamenti di maiali

Nuova inchiesta di Report destinata a suscitare un vespaio. La puntata dal titolo “Che Porci!” targata Giulia Innocenzi e andata in onda lunedì sera alle 21.20 su Rai3 è stata incentata sugli allevamenti di maiali destinati a essere trasformati nel Prosciutto di Parma. Ebbene: l’inchiesta di Report ha evidenziato un presunto rapporto anomalo fra il Consorzo del Prosciutto di Parma e il CSQA, l’ente di certificazione di sistema e di prodotto che si occupa di controllare gli allevamenti, i macelli e i prosciuttifrici del Consorzio. Ma cosa è saltato fuori dalle indagini di Report?

Prosciutto di Parma, CSQA e allevamenti di maiali: l’indagine di Report

allevamenti maiali

Secondo quanto spiegato nella puntata di Report (che potete trovare qui), nel mese di febbraio 2022, a causa di un “rapporto di sudditanza” fra l’ente controllore CSQA degli allevamenti e il Consorzio del Prosciutto di Parma, ecco che il ministero dell’Agricoltura aveva disposto la sospensione dell’ente certificatore.

Solo che il 21 dicembre 2022 il suddetto ministero dell’Agricoltura (con il nuovo Governo diventato ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare), guidato da Francesco Lollobrigida, aveva riconfermato l’incarico a CSQA. Ed è a questo punto che scatta la domanda di Giulia Innocenzi e di Report: sulla base di quali garanzie di imparzialità è stata revocata la sospensione?

A questo punto Report fa alcuni esempi:

  • in un allevamento in provincia di Cremona, a causa di un problema di topi, ecco che l’allevatore ha utilizzato i rodenticidi. Solo che al posto di mettere il veleno “in contenitori per esche a prova di manomissione”, lo ha semplicemente sparso nei corridoi e sulle gabbie, cosa che ha messo a rischio anche i suini. Secondo le immagini rilasciate dall’associazione Last Chance for Animals, ecco che si vedono suini che, occasionalmente, mangiano i topi. Ma chi può dire se quei topi morti non siano morti per il veleno?
    in un allevamento in provincia di Brescia le carcasse dei suini morti in allevamento, al posto di essere messe in una cella frigo attendendo che le apposite ditte di smaltimento vengano a prelevarle, ecco che vengono invece lasciate all’aperto anche per giorni, violando le norme di biosicurezza
  • nel medesimo allevamento di cui sopra, a seguito delle riprese video di Report, ecco che alcuni giorni dopo il servizio si recano i Carabinieri Forestali e i Servizi Veterinari di Brescia. Qui vengono così scoperti un deposito abusivo di farmaci scaduti, amianto e carcasse di suino in stato di decomposizione (in questo caso l’allevatore è stato sanzionato con una multa di 25mila euro e gli animali sono stati sottoposti a vincolo sanitario)
  • in tutti gli allevamenti di cui Report è riuscito a ottenere le immagini in esclusiva, si vedono casi di maltrattamento animale: maiali feriti o malati, suini lasciati a morire, animali sporchi con escrementi e liquami che contaminano il mangime. E ancora: nessun arricchimento ambientale negli allevamenti intensivi, casi di cannibalismo e aggressività fra animali
Gli animali maltrattati in un allevamento del Prosciutto di Parma Gli animali maltrattati in un allevamento del Prosciutto di Parma

A questo punto Report si chiede come è possibile che cose del genere succedano in allevamenti che forniscono suini proprio a un prodotto d’eccellenza DOP italiano come il Prosciutto di Parma. In teoria ci sono almeno due livelli di controllo:

  1. il primo è quello dei Servizi Veterinari che controllano le condizioni delle strutture e degli animali
  2. il secondo è quello degli enti certificatori che controllano solamente gli allevamenti i cui suini riforniscono la DOP. Nel caso del Prosciutto di Parma tale ente è il CSQA (ente che, fra l’altro, controlla più di 70 prodotti italiani)

Report spiega che il CSQA ha assunto il suo incarico nel 2020, dopo che il precedente ente (l’Istituto Parma qualità) era finito nella bufera a causa di uno scandalo relativo a maiali danesi utilizzati per produrre una DOP italiana (cosa vietata dal Disciplinare). Così nel 2020 il Consorzio decide di appoggiarsi a un nuovo ente certificatore, il CSQA.

Il piano dei controlli permise di scoprire molte non conformità, il che voleva dire più multe. Secondo quanto ricostruito da Report, i produttori del Consorzio cominciarono a lamentarsi e l’ente certificatore, per evitare di perdere il cliente, avrebbe chiesto agli ispettori di sorvolare sulle irregolarità.

L’inchiesta condotta da Rai3 ha parlato anche di verbali stracciati per evitare le multe. Tuttavia alcuni dipendenti del CSQA decidono nel dicembre 2020 di segnalare la situazione al ministero dell’Agricoltura. Quest’ultimo si arriva e nel 2021 indaga segretamente, confermando le anomalie segnalate (fra cui figurano anche l’assenza dei campionamenti genetici, cosa bizzarra visto che il precedente ente controllore aveva proprio avuto un problema con la genetica).

Si parla anche dell’assunzione di “ispettori del tutto incompetenti” e “non accreditati”. Quello che emerse dall’indagine, dunque, è una sorta di rapporto di sudditanza fra l’ente controllore e il controllato. Alla fine delle indagini, il ministero dell’Agricoltura nel 2022 scoprì che più di 2,5 milioni di cosce destinate a diventare Prosciutto di Parma DOP erano state immesse sul mercato pur non avendone i requisiti.

Da lì la decisione del febbraio 2022 di sospendere l’ente certificatore. Ente che, però, il ministero di Francesc Lollobrigida ha riconfermato a fine 2022. A questo punto Report si chiede perché il ministero abbia revocato la sospensione. E adesso si attende la risposta dell’ente certificatore, se mai ci sarà.