Regno Unito: la Brexit ha fatto guadagnare 30 mila tonnellate alla pesca inglese

La Brexit ha fatto guadagnare 30 mila tonnellate di pesce al settore della pesca del Regno Unito, ma non è tutto oro quel che luccica.

Regno Unito: la Brexit ha fatto guadagnare 30 mila tonnellate alla pesca inglese

Una delle grandi promesse che accompagnarono la Brexit riguardò il “riprendere il controllo” delle acque britanniche – una mossa che, come spiegò lo stesso Boris Johnson nell’ormai lontano 2020, avrebbe permesso ai cittadini in quel d’Oltremanica di “catturare e mangiare quantità prodigiose di pesce extra”. Le discussioni sui diritti di pesca si scaldarono notevolmente, tanto da portare a tensioni tutt’altro che amichevoli con la vicina Francia, e infine si conclusero con un bottino considerevolmente soddisfacente per il Regno Unito – nuove quote per circa 100 specie ittiche e quote maggiorate per l’UK per circa il 60% di esse, il trasferimento del 25% della quota complessiva dell’UE alle casse inglesi tra il 2021 e il 2026 e il permesso alle navi europee di accedere alle acque britanniche solamente fino al 2026.

La crescita della pesca post-Brexit

pescatore

Chiaro, c’è stato anche qualche mal di pancia extra. Tanto per dirne uno, il Regno Unito è ora obbligato a negoziare ogni singolo anno con le nazioni fuori dal blocco europeo ma che di fatto si affacciano sulle acque britanniche, come la Norvegia o le Isole Faroe. Prima della Brexit, infatti, se ne occupava più comodamente mamma Europa. 

Russia-Giappone: la guerra per la pesca nel Pacifico che mette in difficoltà Tokyo Russia-Giappone: la guerra per la pesca nel Pacifico che mette in difficoltà Tokyo

I numeri, in ogni caso, non mentono; e BoJo ha avuto ragione: la quantità di pesce pescato e sbarcato dalle barche britanniche nei porti del Re e del resto d’Europa è netto aumento; passando dalle 622 mila tonnellate registrate nel 2019 fino alle 652 mila messe a segno durante il 2021. Mark Spencer, il ministro della pesca, ha detto ai parlamentari nel dicembre 2022: “Stiamo meglio di 30.000 tonnellate ora che siamo fuori dall’UE”.

Per quanto i dati possano essere seducenti, la comunità scientifica invita a non lasciarsi prendere troppo dall’entusiasmo: l dottor Bryce Stewart, biologo della pesca presso l’Università di York, ritiene ad esempio che il governo abbia sopravvalutato l’impatto a lungo termine della Brexit. Secondo la sua lettura, infatti, il “salto” più notevole messo a segno è dovuto al fatto che il 15% della quota dell’UE è stato trasferito allora, mentre il futuro porterà un progressivo ridimensionamento.

Non mancano, infine, coloro che hanno visto un netto peggioramento delle quote: è il caso di Jane Sandell di UK Fisheries, una società di proprietà straniera con sede a Hull che opera nelle acque norvegesi dell’Atlantico settentrionale. “Dalla metà del 2021 alla fine del 2022, ho dovuto licenziare 72 pescatori”, racconta Sandell. Ma che è successo da queste parti? Non dovevano esserci quantità “prodigiose” di pesce?

“Quando il Regno Unito faceva parte dell’Unione europea era un netto beneficiario dell’accordo con la Norvegia” spiega a tal proposito Gary Taylor, ex negoziatore del governo per la pesca. “Le quote, tuttavia, sono state drasticamente ridotte da quanto ci siamo trovati a dover negoziare direttamente con i norvegesi”.