Ristorazione: la crisi del personale è legata al modo in cui i dipendenti sono trattati, dice uno studio

La crisi del personale che sta attanagliando il settore della ristorazione è anche legata al modo in cui gli ex dipendenti sono stati trattati.

Ristorazione: la crisi del personale è legata al modo in cui i dipendenti sono trattati, dice uno studio

Turni lunghissimi, che dodici ore in piedi è il minimo proprio; giorni festivi e fine settimana impegnati, ambiente lavorativo rilassato e tranquillo quanto una trincea sul fronte. La paga? Ma perché, a voi pagano pure? Insomma, lavorare nella ristorazione non è affatto facile, e la (pessima) qualità delle esperienze passate potrebbe essere una delle (numerosissime, in realtà) causa della crisi del personale che sta attanagliando il settore. Il dibattito, d’altronde, imperversa ormai da qualche mese: c’è chi bercia nei commenti di qualche post su Facebook che la colpa è tutta del Reddito di Cittadinanza, ci sono ristoratori che si affidano ai media per dare risonanza alla propria causa per far sapere che “Oh, guardate che vi pago eh!”, c’è chi non ha capito una mazza ma sente comunque la necessità di aprire bocca. In questo mare di slogan piacioni e risse (verbali, beninteso) da stadio, uno studio americano ha deciso di tagliare la testa al toro e sentire l’opinione degli ex dipendenti.

Tutta una questione di fiducia

ristorante

I risultati, come accennato, indicano che uno degli aspetti determinanti riguarda proprio il modo in cui sono stati trattati. Lo studio, condotto da un gruppo di ricerca dell’University of Houston Conrad N. Hilton College, si è occupato in particolare dell’esperienza degli ex lavoratori della ristorazione durante i primi giorni della pandemia; con le sensazioni emerse con maggiore frequenza che indicano rabbia e sdegno.

“In generale, le persone che sono state licenziate durante la pandemia sono probabilmente passate a settori completamente diversi” ha accuratamente osservato Iuliana Popa, una dottoranda che ha partecipato allo sviluppo del rapporto. “Settori che potessero offrire più stabilità”. Importantissimo notare, nel contesto dello studio, che naturalmente l’incertezza determinata dal periodo pandemico gioca un ruolo di primissimo ordine.

“Non credo che nessun settore fosse preparato” ha aggiunto Popa, riferendosi naturalmente all’arrivo della pandemia “ma il settore dell’ospitalità è stato davvero colto alla sprovvista. La soluzione per salvare le aziende e tagliare i costi è stata lasciare andare le persone per poi provare a riassumerle in seguito”.

Una potenziale soluzione a questo stallo, secondo gli autori della ricerca, sarebbe quello di ritoccare i salari e offrire benefits migliori. “Se il settore dovesse essere colpito da un’altra crisi” ha aggiunto Popa “i dipendenti vorranno sapere che c’è un piano in atto e che saranno protetti, finanziariamente, emotivamente e fisicamente”. La lettura proposta dai ricercatori naturalmente non è sbagliata, ma con le chiusure dettate dalla pandemia che sono solamente un lontano ricordo e la crisi del personale grave come non mai, viene anche da pensare che il Covid sia stato solamente la proverbiale goccia che ha fatto traboccare il vaso.