Starbucks: la guerra al sovrapprezzo del latte vegetale trova un testimonial, James Cromwell

James Cromwell è il volto di una campagna lanciata da PETA che chiede a Starbucks di rimuovere il sovrapprezzo al latte vegetale.

Starbucks: la guerra al sovrapprezzo del latte vegetale trova un testimonial, James Cromwell

Sono tempi movimentati per gli amici di Starbucks, non c’è dubbio. Mentre in sottofondo (ma neanche tanto) continua l’aspra battaglia per i sindacati, dall’altra parte del bancone i clienti hanno preso a rumoreggiare per il cambio del ghiaccio – si passerà dai tradizionali cubetti alle “pepite” – e per alcuni aumenti di prezzo legati alle personalizzazioni dei drink. Ed è proprio quest’ultimo capitolo che ha recentemente visto unirsi al coro la voce di James Cromwell, famoso attore a stelle e strisce, diventato il volto di una campagna lanciata da PETA che chiede al colosso del cafè di eliminare il sovrapprezzo sul latte vegetale.

James Cromwell, la critica a Starbucks e la campagna PETA

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Quella di ricorrere a un volto nuovo per aumentare la risonanza della propria battaglia è una strategia naturalmente comune: il volto di James Cromwell è di fatto apparso su più di un centinaio di cartelloni distribuiti su tutta Atlantic City Boardwalk, il celebre lungomare dell’omonima città del New Jersey. L’obiettivo, come accennato in apertura di articolo, è quello di convincere Starbucks a rimuovere l’attuale sovrapprezzo sul latte vegetale, che potrebbe scoraggiare la scelta di un ingrediente sostenibile.

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Lo slogan riportato dai cartelloni è dunque semplice – “Aiutare gli animali e la Terra non è un compito arduo” si legge “Starbucks, metti fine al sovrapprezzo sulle opzioni vegan”. A onore del vero va riconosciuto che si tratta solo dell’ultima fase di una più ampia campagna di pressione mediatica. I nostri lettori più attenti si ricorderanno che, appena un annetto fa, lo stesso Cromwell si rese protagonista di una particolarissima protesta per la stessa questione, arrivando a incollarsi le mani sul bancone di un punto vendita in quel di Manhattan.

Tanto per intenderci, nonostante le opzioni plant-based siano ormai parte integrante e consistente dell’offerta di Starbucks, negli Stati Uniti queste vengono vendute con una maggiorazione di prezzo che oscilla tra i 70 e i 90 centesimi. “Eliminare questo sovrapprezzo renderebbe più facile per i clienti scegliere opzioni vegane rispettose degli animali e del pianeta“ ha spiegato Cromwell, sottolineando come diverse catene – compresi dei punti vendita di Starbucks in Germania e Regno Unito – si sono già mosse in questa direzione.

“Abbiamo tutti un interesse nella questione, che è strettamente legata alla crisi climatica che stiamo vivendo” ha poi continuato “e Starbucks dovrebbe fare la sua parte ponendo fine al suo sovrapprezzo sulle opzioni vegan”. Resta da vedere quale sarà la risposta di Starbucks: la questione verrà ignorata, sperando che si disperda nell’oblio generale, o sarà invece affrontata dal nuovo CEO?