Tonno insuperabile all’esordio plant-based con i trancetti al gusto di mare

Anche il tonno Insuperabile si lancia nel plant-based: ma il settore è davvero florido come sembra?

Tonno insuperabile all’esordio plant-based con i trancetti al gusto di mare

Al giorno d’oggi stare a galla significa anche e soprattutto imparare a intercettare, a interpretare e a fare proprie quelle tendenze che inevitabilmente muovono il cuore – e gli occhi, e come naturale conseguenza il portafoglio e il relativo contenuto – dei consumatori. È inutile girarci intorno, e allo stesso tempo crediamo che non ci sia nulla di male nel dirlo in maniera chiara e tonda, che d’altro canto uno dei primi e più importanti obiettivi di una qualsiasi azienda deve essere quello di generare un margine di profitto. Tante parole per dire che non sorprende (o comunque non dovrebbe sorprendere), dunque, che anche il marchio Insuperabile, conosciuto per il tonno e le conserve ittiche, abbia ritenuto opportuno avviare la sua prima incursione nel mondo del plant-based.

I protagonisti dell’esordio, e di fatto prima referenza vegana dal catalogo di casa Insuperabile, sono dei Trancetti al gusto mare – una semplice alternativa al cento per cento vegetale al più tradizionale tonno in scatola.

Tendenze (e dolori) del mondo plant-based

cibo plant based

Diamo un’occhiata alle più importanti norme operative, prima di divagare ancora: i Trancetti al gusto mare di Insuperabile sono, secondo quanto lasciato trapelare dalla stessa azienda, lavorati in Italia e preparati con pochi altri ingredienti – acqua di mare, olio di semi di girasole, aromi e succo di limone di Sicilia – oltre alla soia no Ogm, vero protagonista della referenza in questione, che arricchisce il prodotto di un alto contenuto proteico.

Filetto vegetale Vivera: Prova d’assaggio Filetto vegetale Vivera: Prova d’assaggio

Vale poi la pena notare che i Trancetti plant-based di casa Insuperabile si qualificano come prodotti vegetali a lunga conservazione, in assoluto il primo da dispensa in questo particolare segmento, e sono declinati in confezioni di tre lattine da settanta grammi con una shelf life di tre anni complessivi.

Intercettare, interpretare e fare proprie, dicevamo in apertura di articolo – e non a caso. Nel parlare della fertilità del settore plant-based non si può non tenere conto del successo del più recente Veganuary, sfida nata in quel d’Oltremanica che spinge ad affrontare l’intero mese di Gennaio seguendo una dieta strettamente vegana, che nella sola Italia – secondo le stime di Essere Animali, che potrebbero “perdere” coloro che hanno voluto partecipare senza farlo sapere a nessuno – ha fatto contare 1,7 milioni di partecipanti.

Occorre poi ricordare che i prodotti plant-based strizzano evidentemente l’occhio a quella corrente di cibo “sano e sostenibile” e alimentazione salutare che secondo le rilevazioni più recenti sarebbe sempre più in voga. Allo stesso tempo, però, è corretto sottolineare come alcune delle più importanti aziende del settore, Beyond Meat su tutte, stiano soffrendo un importante crollo delle vendite causato in primis dalla riduzione del potere d’acquisto dei consumatori: in definitiva il mondo plant-based continua a configurarsi come un settore dal forte potenziale, ma con elementi di evidente sensibilità ai prezzi.