Gambero Rosso | “Quella di una volta sì che era una rivista, mica come ora”. E se Daniele Cernilli lascia?

Daniele Cernilli lascia il Gambero Rosso? 111 commenti dopo, lo scoop rimane senza risposta, l’attuale direttore della rivista non ha risposto alle nostre mail. Ma ora perfino i suoi colleghi sembrano confermare. L’altra cosa cui Daniele Cernilli non ha risposto riguarda i suoi rapporti con Carlo Ottaviano, direttore esecutivo della rivista. Uno che, lascia intendere l’ex direttore Stefano Bonilli, non occupa quel posto per meriti professionali, ma in quanto associato a una famiglia equivoca e potente. Noi non sappiamo, tuttavia, colpiti dai durissimi giudizi sullo stato della rivista che tanto rimpiangiamo (“perché mica come ora che il disimpegno, quella di una volta sì che era professionalità”), abbiamo comprato l’ultimo numero e ora lo sfogliamo insieme a voi. Per capire se i nostri 4 euro e 90 sono stati spesi bene, o se invece Carlo Ottaviano, come dice qualcuno, è davvero un direttore imbarazzante.

La copertina. Non tradisce cambiamenti epocali rispetto al passato, il logo è ancora lì, bello, imponente, anche un po’ invadente ma per fortuna non strozzato dai ritocchi. Il lettering abnorme riempe ciò che le immaginette, atroce tallone d’achille di questa cover, non riescono: l’insieme è poverello, lamenta l’assenza di una qualsivoglia intuizione grafica. Monocle è distante per capirci. Una specie di badge rosso segnala l’allegato in regalo, le ricette di Natale di Pier Giorgio Parini. L’onnipresente chef del Povero Diavolo di Torriana (RN) ormai è intrigante e misterioso come un governo tecnico guidato da Tremonti.

Il sommario. L’impaginazione è semplice ma dignitosa, piuttosto: non è che gli strilli degli articoli accendano il sacro fuoco. Rachitico l’interesse per l’ennesimo pezzo sulla bistronomia, dell’inventore di Le Fooding, il “movimento gastronomico francese”, sappiamo ormai anche la taglia dei boxer, le nuove tendenze del tè non promettono lo stesso divertimento di Spinoza. Va un po’ meglio con la classifica dei torroni, mentre l’occhio cade distrattamente su “Gambero Parlante”, l’editoriale di Carlo Ottaviano. Mah, visto lo spessore culturale lo facevo più il tipo adatto alle brevi dal mondo, cosa mai avrà da dire in un editoriale?

Viva la Campagna. Può un editoriale che apre con la citazione di un campione del pensiero contemporaneo come Nino Ferrer (NINO FERRER!) essere meritevole di lettura? Non ce la posso fare: skippo Viva la Campagna di Daniele Cernilli.

Le pubblicità. Il vino continua a monopolizzare le pagine pubblicitarie del Gambero Rosso, del resto guide ai vini e 3 Bicchieri rimangono la cassaforte di famiglia malgrado l’uscita di Slow Food.

Guardare oltre il muro. L’attacco di Marco Sabellico rivendica i meriti del “Road Show” (scritto così, staccato) organizzato dal Gambero Rosso, che sarebbe fondamentale per la “promozione dell’immagine del vino italiano nel mondo”. Più che un editoriale sembra il catalogo di un piazzista, siori e siore: “forniamo alle piccole e grandi aziende italiane del vino preziosi strumenti di marketing”. Pensavo che gli editoriali parlassero ai lettori. Infastidito proseguo.

Il giro del Gambero. Igles Corelli, cuoco dai trascorsi gloriosi (ristorante Il Trigabolo di Argenta, FE) e dal presente televisivo (è uno degli chef del Gambero Rosso Channel) presenta il nuovo ristorante Atman di Pescia, PT. Bisognerà andarci prima o poi. Molta enfasi su una notizia in apparenza non fondamentale: il Franciacorta di Ca’ del Bosco che prende il nome dalla mamma del suo proprietario, il milionario Maurizio Zanella, è uscito anche in versione rosè. Va bè. Tra i “Libri da gustare”: Storie di brunch di Simone Rugiati, Le ricette di Casa Clerici di Antonella Clerici, La cucina del mare (a dicembre?) di Teresa Gelisio Rizzoli, come dire che almeno con i libri si vola alto.

Il Gambero Verde. Nessuno mi toglie dalla testa che la pagina verde del Gambero Rosso, messa insieme con notizie fondamentali tipo “Farina bio macinata a pietra così il panettone è più buono” o il “Cenone secondo natura” di una naturopata esperta di cucina bio, esista esclusivamente in funzione dello sponsor: Alce Nero.

Cucinoroscopo. Potete pensarla come volete sugli oroscopi, nel bene e nel male, ma se un po’ conosco l’ex direttore della rivista, Stefano Bonilli, una pagina del genere non sarebbe esistita.

L’articolo di Marco Sabellico. Sei pagine sui Pinot Noir di Francia, dense di grandi terroir e uve primigenie sono troppo anche per un lettore volenteroso come me. Per l’estimatore saranno interessantissime, non dico di no, io ho passato.

Noi foodies. Nella segreta speranza di leggere qualcosa non direttamente riconducibile al catalogo dei prodotti Gambero Rosso, eccomi a pagina 40. Pia illusione. L’articolo di Laura Mantovano presenta la Guida Foodies, realizzata dal Gambero per Negroni Salumi. Che non sarebbe fatta male (se n’è parlato qui) ma a rappresentare i foodie e la combriccola che la mediocre espressione sottintende (food blogger, fotografi, estensori di twit e feisbucchisti) il Gambero Rosso non ce lo vedo proprio.

Bistronomie, binomio vincente. A voler fare i precisini, si parla di Bistronomia (cioè: ambiente informale e cucina di livello) dall’inizio del 2008, ma evidentemente per il Gambero Rosso la tendenza è ancora attuale. Al punto che Luciana Squadrilli, il quoziente giovane del Gambero, scova a Parigi Giovanni Passerini, ex dell’Uno e Bino di Roma, e altri chef italiani da poco iscritti al campionato bistronomico. La tendenza non sarà di primo pelo ma le 4/5 paginette scorrono bene.

Il tè ritrova la sua ora. E dopo Parigi, Londra. E se io dico Londra voi rispondete? Tè. Esatto! No, riconosco che l’articolo di Luciana Squadrilli (ancora) è meno banale di così, ci introduce alle tendenze e ai nuovi locali del tè inclusi quelli gurmet. Ma se, come nel mio caso, il tè non è esattamente la vostra tazza… ops, la colpa non è del Gambero Rosso.

Il sessantotto della cucina. Se dicessi di essere interessanto ad Alexandre Cammas, chiunque penserebbe a una finzione narrativa. A metà ottobre la gastrosfera non parlava che di lui, il fascinoso quarantenne inventore di Le Fooding, l’evento gastronomico “che mischia fornelli e generi: chef famosi, musica e arte”. Se ne parlava perché Cammas era a Milano per la data italiana dell’evento, ribattezzata Le Grand Fooding. L’intervista è di Raffaella Prandi, “la più brava di tutti”, nelle parole del suo ex direttore, e in effetti le cose vanno meglio. Non capita spesso di leggere nel nuovo Gambero Rosso domande poco addomesticate tipo: “Perché la cucina oggi ha così bisogno di eventi o di essere un evento?”

L’articolo di Daniele Cernilli. Chi immaginava che nell’universo cernilliano rientrassero i formaggi. Lo pensavamo esclusivista del vino, e invece, a sorpresa, spunta il Bagoss. Oddio, non pensate a chissà quali rivelazioni sul risolutivo cacio bresciano, più modestamente Cernilli racconta la visita a una malga di Bagolino, il paese del Bagoss, dove si è recato nonostante fosse un tragedia per lui: “il giorno prima, in notturna, il Brescia aveva battuto la Roma per 2 a 1”.

ll liquore Strega. L’aspetto più noioso di questi articoli è che pretendono la tua attenzione. Devi capire se l’interesse della rivista per l’argomento trattato, qui il liquore Strega, è diciamo così… spontaneo o meno. Fortunatamente darsi una risposta non richiede molto tempo.

Le ricette di Sara Bonamini e Pina Sozio. Sono due ex corsiste del Gambero Rosso — Pina Sozio in particolare multimedialissima — cui spetta l’ingrato compito di presentare delle ricette. E tutti sanno che in una rivista patinata le ricette dovrebbero essere utili e di sfolgorante bellezza. Dovrebbero.

Ricette. Ma il panettone in padella? Sul Gambero Rosso? Eddai!

Natale con Jamie Oliver. Più che una rivista, continuo a sfogliare il catalogo del Gambero Rosso, che questa volta presenta una puntata del nuovo show di Jamie Oliver, il celebre cuochetto britannico in onda sul Gambero Rosso Channel.

Packaging, un arte. Il contributo alla rivista di Francesca Barberini, piccola stella della tivù di casa, è piuttosto limitato. Una pagina di bricolage femminile (sort of) dedicata agli “oggetti di casa che possono trasformarsi in insoliti packaging”.

Profumi gourmand. So che frutta, spezie, ortaggi e vino “sempre più spesso entrano nella profumeria artistica”, ma sono ormai nell’età del disincanto, e francamente, ho deciso che le “fragranze biochic” non rientrano nella sfera dei miei interessi.

La classifica dei torroni. E’ un bella classifica, compilata dopo un assaggio alla cieca da Mara Nocilla, la più impermeabile al cambio di direzione della rivista. Una che non risponde mai alle ubbie dei lettori con approssimazione, no, lei è informata e precisa. Anche Dissapore ha compilato la sua classifica dei torroni, con risultati simili.

Le degustazioni. Finché esistono le degustazioni, gli enomaniaci non possono lamentarsi della rivista. Chi non cerca racconti visionari — il linguaggio è quello un po’ stereotipato delle guide —  trova il meglio su piazza: descrizioni dettagliate e punteggio di ogni vino, in questo caso su Blanc de Noir e altri Champagne, di Marco Sabellico e Lorenzo Ruggeri.

A prova di Gambero: i ristoranti. Le stesse schede che a distanza di tempo troverete nella guida ai ristoranti, ovviamente redatte da Clara Barra che di quella guida è curatrice. Stranamente, nonostante le storie tese tra i due, quasi niente è cambiato da quando a dirigere la rivista era Stefano Bonilli. Rimangono suggerimenti dall’impianto classico, con voti, prezzo medio, informazioni sui titolari dei ristoranti. Giudizi sfumati, molto equilibrio. Questa volta il voto più alto è per Il Merlo di Camaiore, LU: 80.

A prova di Gambero: i bar. Applicate ai bar le stesse cose che avete letto sui ristoranti. I suggerimenti sono di Laura Mantovano.

Regali. Scrive Fabrizia Fedele che “design e gourmet 3.0 (?) sono le tendenze della regalistica di quest’anno”. E tanto mi basta.

L’editoriale di Carlo Ottaviano. Ecco, in fondo il Carlo Ottaviano giornalista gastronomico è tutto qui, in questa accozzaglia di inutilità (“il vino in aereo”) e compiacenze (“Gruppo Italiano Vini sempre più grande”) che occorre uno spiccato sense of humor per definire Editoriale.

Finito. Allora, che impressione vi siete fatti? Meglio il Gambero Rosso di una volta e le critiche son tutta invidia?

[Crediti | Link: Intravino, Gambero Rosso. Immagini: Massimo Bernardi]