Liberalizzazioni: confessioni di un evasore fiscale

Chiedo scusa ai lettori se questo post non appartiene a uno dei loro beniamini, ho un bar a Roma e Dissapore mi ha chiesto di commentare i giornali di oggi che parlano di liberalizzazioni e studi di settore. Chiedo scusa anche per aver scelto il peggior mestiere possibile, con un pizzico di impegno in più sarei potuto diventare uno spacciatore, magari un camorrista. Lo scrivo perché tra commenti dei giornali (“nelle dichiarazioni 2009 i baristi hanno de­nunciato redditi medi di 15.800 euro, meno di operai e impiegati”) e aspiranti famosi che pur di andare sui giornali fanno scenate in panetteria per qualche scontrino non battuto, la nostra categoria sembra composta da figuri moralmente inferiori a spacciatori e camorristi.

 

 

Gente da disprezzare e possibilmente denunciare, individui ripugnanti che si comprano il Suv fregando il prossimo per fare le vacanza a Cortina, lo champagne sempre in frigo come nel cinepanettone. Il nemico pubblico numero uno con la più infamante colpa da espiare: essere EVASORI. Noi, i baristi, al massimo i pasticceri, non gli orafi (12.300 euro dichiarati) o gli esercenti degli stabilimenti balneari (13.600 euro dichiarati).

Ma l’idea di lavoratore autonomo che l’opinione pubblica si sta formando, aiutata dalla stampa, è inesatta e offensiva. Non è corretto equiparare il nostro lavoro a quello di uno statale, per esempio. Ci svegliamo la mattina alle 5, lavoriamo 16 ore al giorno, non sappiamo cosa siano sabato e domenica, l’ultimo Natale l’ho trascorso per intero dentro il mio bar. Il rischio di questa piccola azienda a conduzione familiare è tutto sulle mie spalle, e di questi tempi, il futuro è maledettamente incerto. I costi invece no: affitto, personale, un regime di imposte fisse che non trova riscontro in nessun altra parte del mondo.

Facendo il contribuente onesto fino in fondo il mio bar sarebbe chiuso da un pezzo, oggi non sarei io a scrivere questo post. Invece, se mi posso permettere di parlare con franchezza, ho difeso il mio reddito facendo quel poco di nero che i controlli del fisco mi hanno consentito. Sempre meno, ormai.

Sono stufo di fare il capro espiatorio di un sistema che non va, i giornali dovrebbero sfogare il loro cinismo su qualcun altro. Altrimenti, di questo passo, finiremo con l’esercito appostato davanti ai nostri bar.

Un barista.