Guida Michelin for dummies: tutto quello che non osate chiedere a un gastrofighetto

Guida Michelin for dummies: tutto quello che vi serve sapere per parlare della guida delle guide. Cos'è, cosa sono le stelle, la semiotica dei ristoranti stellati.

Guida Michelin for dummies: tutto quello che non osate chiedere a un gastrofighetto

A volte noi gourmettari parliamo da soli, ignari o forse noncuranti del fatto che là fuori, o magari a tavola con noi, ci sono persone completamente avulse dal mondo del fine dining. A loro, oggi, dedichiamo questa guida alla Guida Michelin. Ovvero, capire cos’è e imparare una volta per tutte quella manciata di cose da sapere per parlare della “Rossa”, la cui edizione 2020 italiana sarà presentata domani, 6 novembre.

Insomma, come comprendere la Guida Michelin se si vive nel mondo reale, quello in cui il massimo del nozionismo sugli chef arriva ai protagonisti dell’ultimo MasterChef, si apprezza benissimo l’umami pure senza sapere di cosa si tratti e non risulta normale spendere 150 euro per un menu degustazione.

Perché, a ben guardare, momenti come la consegna delle stelle Michelin stanno proponendo alcuni dei red carpet nazionali più interessanti della contemporaneità, e lo streaming dell’evento (l’appuntamento è per domani, dalle 10.40, su live.michelin.it) inizia a essere piuttosto partecipato.

Dunque, ecco a voi un po’ di recap, giusto lo stretto necessario per farvi arrivare preparati alle chiacchiere da bar sugli stellati, che terranno banco – ne siamo certi – a partire da dopodomani mattina a colazione.

Un po’ di storia della Guida Michelin

La Guida Michelin nasce nel 1900, un piccolo libretto rosso dedicato agli automobilisti. Dentro, ci si trova un po’ di tutto, informazioni utili per chi viaggia: officine meccaniche, distributori di carburante, istruzioni per cambiare uno pneumatico (e non “un pneumatico”, come – ahi, ahi, signora Longari – dice il simpatico video sulla storia della guida sul sito ufficiale Michelin). In Italia, questo “manuale del viaggiatore” arriva nel 1956, con il titolo “Dalle Alpi a Siena” (il Sud, fino all’anno successivo, non è pervenuto, con buona pace di Ciccio Sultano).

Le prime stelle (assegnate a 81 ristoranti) arrivano nel nostro Paese nel 1959. Tra loro, c’è La Caravella di Amalfi, il più antico stellato d’Italia. Per le prime due stelle bisogna aspettare ben dieci anni (erano nove i ristoranti con due macaron), e ancora di più per il primo tristellato nazionale, che arriva con Gualtiero Marchesi nel 1986.

Semiotica dell’Omino Michelin

La guida che si fa vanto dell’anonimato dei suoi ispettori (anche se ormai i ristoratori più navigati pare abbiano imparato a riconoscerli..), che non a caso si chiamano “ispettori” anziché “critici gastronomici”, per prendere le distanze da tutti gli altri, ha più simboli di quel che si ricordano. Non solo stelle, insomma.

Nella “Rossa” (come la chiamano amichevolmente gli addetti ai lavori), ad esempio, il simbolo della forchetta e cucchiaio incrociati indica la “categoria di comfort”, che va da uno (“abbastanza confortevole”) a cinque (“di gran lusso e tradizione”). Se sono di colore rosso, le posate stanno a significare che quel ristorante è “particolarmente piacevole” per atmosfera, accoglienza, arredo o tipo di servizio.

Poi ci sono i “Bib Gourmand”, con il simbolo dell’omino buongustaio, che indicano i posti di qualità dove si mangia intorno ai 35 euro (ci perdonerà tutto l’ispettorato della Guida Michelin se ciò non ci convince del tutto).

Poi, ci sono le stelle (chiamate anche alla francese, “macaron”), quelle che non fanno dormire i grandi chef per lunghe e infinite notti. Una stella apposta fuori da un locale significa che lì c’è un’ottima cucina, quella per cui “vale la pena fare una tappa”.

Due stelle indicano una cucina eccellente, quella per cui “vale la pena fare una deviazione dal proprio itinerario”.

Tre stelle arrivano a chi propone una delle migliori cucine del Paese, una per cui “vale la pena pianificare il viaggio”. I criteri secondo cui vengono assegnate le stelle sono ogni anno motivo di discussione, ma sono ufficialmente cinque: la qualità delle materie prime, la personalità dello chef nel piatto, la padronanza di tecniche di cottura e sapori, il rapporto qualità-prezzo, la costanza nel tempo. Tre stelle è il massimo, per la Guida Michelin.

Quando si dice chef stellato si sbaglia, perché la stella viene assegnata al ristorante, non al cuoco. Se lo chef se ne va, il ristorante resta stellato.

Un po’ di numeri (aggiornati al 2019)

La Guida Michelin, a oggi, viene pubblicata in ventiquattro nazioni diverse, con più di 40mila ristoranti e alberghi sottoposti al giudizio degli ispettori. La nazione con più stellati è – neanche a dirlo – la Francia, con 632 ristoranti (75 nuove segnalazioni solo nell’ultima edizione). Segue il Giappone, che vanta anche la città con il maggior numero di ristoranti stellati del mondo, Tokyo, dove le insegne con il macaron sono ben 234.

In Italia attualmente ci sono 367 ristoranti stellati: 10 con tre stelle (+1 rispetto al 2018), 39 ristoranti con due stelle (-1 rispetto al 2018) e 318 ristoranti con una stella (+12 rispetto al 2018). La Lombardia è la regione più stelle Michelin, con sessanta ristoranti, seguita da Piemonte (45) e Campania (37). Napoli è la provincia più stellata, con 24 ristoranti, seguita da Roma (23) e Bolzano (21).

Un po’ di gossip

Se volete arrivare un po’ preparati alla giornata di gastro-gossip di domani, segue una lista di  un po’ di fatti succosi dell’ultimo anno, relativamente alle stelle Michelin:

  • Enrico Bartolini è “lo chef più stellato d’Italia” (due stelle al Mudec, una al Casual, una a La Trattoria, una al Glam, una alla Locanda del Sant’Uffizio e una al Poggiorosso, per un totale di sette stelle accumulate): ogni suo locale, ovunque lo apra, pare essere un successo per gli ispettori Michelin, tanto che c’era venuto il dubbio che nella sua vita precedente montasse pneumatici. È seguito a ruota da Antonino Cannavacciuolo (due stelle a Villa Crespi, una a Torino e una a Novara) che, nonostante il tempo passato di fronte a una telecamera, pare non aver perso il tocco magico in cucina.
  • Grande felicità per la top ten dei ristoranti italiani, con dieci tristellati raggiunti nel 2019 grazie a Mauro Uliassi; ma ancora un po’ di disappunto perché, a detta dei critici nostrani, molti più ristoranti meriterebbero una seconda stella.
  • Gli occhi sono tutti puntati su Carlo Cracco, che ha perso la seconda stella nel 2018 (forse solo per ragioni logistiche) ma, un po’ a sorpresa, non l’ha più ripresa nel 2019.
  •  Ah, l’argomento dell’anno, in fatto di gossip targato Michelin, è probabilmente Marc Veyrat, chef francese che prima ha chiesto di restituire le sue stelle, e poi ha fatto causa alla Guida Michelin per avergliene tolta una.
  • I pronostici sulle stelle Michelin di quest’anno noi li abbiamo messi nero su bianco, a vostro uso e consumo.