I ristoranti e i bar che fanno i furbi non fanno ridere

La "furbizia" di baristi e gestori di ristoranti che in queste ore approfittano dei "bug legislativi" per lavorare come prima o provocare ha già stufato.

I ristoranti e i bar che fanno i furbi non fanno ridere

L’Italia è il Paese dei furbi, lo sappiamo. E i DPCM che limitano in questi mesi le attività di bar e ristoranti hanno messo in risalto tutta la furbizia dei commercianti. In qualche caso, il loro pessimo senso dell’umorismo.

Di più: l’Italia è quel Paese che ha una serie di atteggiamenti talmente incomprensibili da essere intraducibili in altre lingue: “arrangiarsi”, ad esempio. O “furbo”, anche detto “furbetto”, nell’accezione in cui non significa “smart”, “intelligente”, ma significa capace di fregarti. In Italia, chi trova il modo di aggirare le regole, è “smart”, e questo è evidentemente non solo un problema linguistico, ma culturale.

Ora, però, è ora di smetterla di fare i furbi. Le imposizioni dei nuovi DPCM e delle nuove ordinanze regionali per contenere la diffusione del Coronavirus vanno nella direzione di limitare le chiusure negli orari notturni (coprifuoco alle 24, o alle 23, stop alla vendita di alcolici). Può sembrare un’assurdità, perché come dicono i meme su internet, il virus non è mica un animale notturno. Ma sarebbe altrettanto un’assurdità negare che è di notte che si verificano gran parte degli assembramenti incontrollati.

È vero che queste limitazioni penalizzano inspiegabilmente alcuni più di altri (i bar, le enoteche e i pub, ad esempio), come se non tenessero conto delle differenze di attività che si basano esclusivamente sulla vendita di alcolici dopo un certo orario.

Ed è anche vero che i decreti sembrano sempre scritti di corsa, nel cuore della notte, e spesso hanno falle grosse come la Fossa delle Marianne.

Ma, cari ristoratori e cari baristi, è ora di smetterla di approfittarne.

Se i forse abusati DPCM sono così confusionari, probabilmente, è anche perché non possono mettere nero su bianco la parola “buonsenso” che non ha alcuna valenza giuridica. Ma è esattamente a quello che fanno appello, e voi non ne state dimostrando nemmeno un po’.

Gente che approfitta di un “bug” legislativo per chiudere a mezzanotte e aprire a mezzanotte e un quarto non è un eroe rivoluzionario, come pensano alcuni sui social. Baristi che anticipano l’orario dell’happy hour, per invitare i giovani a sbronzarsi e assembrarsi prima, sembrano non aver capito il problema. O peggio, sembrano approfittarsi di una situazione – sanitaria e commerciale – drammatica. E lo fanno alle spalle dei (tanti) baristi e ristoratori che, testa bassa e pedalare, rispettano le regole, incassando meno e studiando soluzioni per restare comunque in piedi. Come alle spalle degli onesti lavoravano quei ristoranti che, alla fine dell’estate, hanno trasformato le loro sale in spazi per “cene danzanti”, approfittando della chiusura delle discoteche.

Loro saranno furbi, ma è bene rendersi conto che sono furbi sulla pelle di tutti quanti. E non si tratta solo di una questione sanitaria, di contribuire alla diffusione incontrollata di un virus che ci sta mettendo in ginocchio. Qui si parla di concorrenza sleale, di pensare di essere al di sopra delle leggi o più in gamba del locale vicino che le regole le rispetta e abbassa tristemente la serranda all’ora stabilita, senza riaprirla un quarto d’ora dopo perché la legge non specifica l’orario della riapertura.

Attenzione: qui non si vuole entrare nel merito della correttezza di quelle disposizioni. Cari ristoratori e baristi, pensate che i DPCM siano brutti e cattivi? Benissimo: la democrazia prevede – per fortuna – una serie di modi per ribellarsi, per protestare, rimanendo dalla parte del giusto, pure in una situazione eccezionale come quella che stiamo vivendo.

È un principio talmente elementare da somigliare a quelli che si spiegano ai bambini: se decidete di fare i furbi, aggirando le leggi, passate dalla parte del torto. Non solo chi lo fa, ma l’intera categoria, che anziché ripudiare chi si comporta da furbo, lo erge a Che Guevara della liberazione di un settore.

Dunque, come spiegherei a uno dei miei figli alle prese con un bullo, certa gente va isolata, condannata, denunciata. Non imitata. Non presa a modello. E non di certo messa su un piedistallo con un sorrisetto tutto italiano. Perché ormai è certo: arriveranno altri DPCM, più restrittivi, e sarà anche colpa di chi non ha usato buonsenso. E allora, sarà con loro che vi dovrete lamentare.