Ristoranti: ora i dehors sono l’elefante nella stanza (chiusa)

I dehors hanno avuto un ruolo cruciale, durante l'estate 2020, per la sopravvivenza dei ristoranti nonostante il Covid-19: una "cura palliativa", che con il cambio di stagione mette in luce un'urgenza.

Ristoranti: ora i dehors sono l’elefante nella stanza (chiusa)

Chi l’avrebbe mai detto che ci saremmo trovati a trattare lo smantellamento dei dehors a fine estate come una faccenda seria. I tavolini esterni in ogni piazza e su ogni marciapiede hanno salvato molti ristoranti dalla peggiore delle prospettive, in alcuni casi hanno addirittura ribaltato la situazione, aggiungendo nel complesso parecchi coperti a quelli disponibili prima della pandemia, e nonostante il distanziamento.

È stata la soluzione più ovvia, la risposta più immediata al problema della riapertura dei ristoranti nell’epoca del Covid, in cui gli spazi chiusi e ristretti sono vivamente controindicati: portare fuori baracca e burattini.

Lo hanno capito le amministrazioni, che hanno concesso agevolazioni e libertà senza precedenti sull’occupazione del suolo pubblico, e lo hanno capito i ristoratori, che più o meno rapidamente si sono attrezzati per trasferire il trasferibile in ogni centimetro quadrato di spazio libero, purché all’aria aperta, là dove il Coronavirus può svolazzare senza formare una nuvoletta fantozziana sopra i tavoli dei commensali.

E alla fine è stata pure una bella estate, con i dehors che spuntavano come funghi nelle città e diventavano luoghi di ritrovo, dando a qualsiasi centro urbano quell’aria un po’ da località turistica di mare. E le persone sono tornate più volentieri e più serenamente al ristorante, sapendo di potersi sedere all’aperto.

L’estate sta finendo, il dehors palliativo se ne va

Ora, però, con la fine dell’estate si pone un problema, ed è inutile che facciamo finta di non vedere l’elefante che s’è piazzato nel mezzo della stanza. Stanza chiusa in cui peraltro, molti di noi, non vogliono mangiare. Nonostante le misure accuratamente adottate, c’è da dirlo, dalla maggior parte dei ristoranti italiani.

Con un mood tipicamente italiano sembra che si tenti di rimandare la preoccupazione legata all’impossibilità di utilizzare i dehors in inverno, e forse anche in autunno, e il conseguente calo di coperti che subiranno i ristoranti. “We will cross the bridge when we come to it”, dicono gli inglesi, ma noi siamo più bravi a mettere in pratica la filosofia dell’allontanare le decisioni, per quanto inevitabili. D’altronde, noi siamo i maestri dell’arrangiarsi, e in qualche modo faremo anche stavolta. Però, qualcuno dovrebbe davvero iniziare a porsi il problema, che non è solo italiano.

Tanto per fare un esempio, basta guardare a quel che sta succedendo a New York dove, a fronte di un regolamento estremamente più limitante (fino a ora si poteva mangiare soltanto fuori, ed è notizia di pochi giorni fa che dal 30 settembre si potrà far accomodare gli ospiti anche all’interno, ma solo al 25% della normale capienza), i ristoratori nelle scorse settimane hanno chiesto a gran voce soluzioni per affrontare una stagione che si preannuncia più che difficile. Qui da noi, invece, ancora se ne parla poco. La speranza di tutti è quella – dopo una primavera chiusi in casa e un’estate piuttosto piovosa – di un autunno clemente, che negli ultimi anni ha regalato belle serate per diversi mesi. Ma l’elefante è ancora lì nella stanza, e quando deciderà di muoversi c’è il rischio che combini un vero disastro.

Chiuderemo i dehors o ne riparleremo a novembre?

In molti, in queste settimane, hanno sottolineato quanto i dehors abbiano reso le città più belle, e perfino più sicure, come succede a Bergamo, dove l’amministrazione Gori evidenzia anche questo aspetto positivo legato all’estensione dell’abitudine di mangiare all’aperto. Ma pochi si sono posti la questione di cosa avverrà quando non sarà più la stagione dei tavolini su strada.

La soluzione certo non è semplice, e le prime ipotesi che si fanno avanti sono quelle di agevolare l’introduzione dei sistemi di chiusura per gli arredi esterni. A Pistoia, ad esempio: lo chiede a gran voce la Fipe-Confcommercio, che parla di “sopravvivenza a rischio per tanti ristoranti e locali” che non saranno in grado “di affrontare la stagione invernale”.

Alcune città, come Genova o Ancona, hanno già dato un parziale ok: nel capoluogo ligure la gratuità per l’estensione e le nuove istallazioni di dehors sono state prorogate fino a giugno 2021, e anche ad Ancona il sindaco Valeria Mancinelli ha assicurato che l’estensione all’inverno dei permessi per i dehors arriverà a giorni.

Eppure, restano ancora dei nodi da sciogliere: come gestire la capienza dei dehors al chiuso, che diventeranno a conti fatti delle estensioni dei locali? E come permettere ai ristoratori di ammortizzare le spese per delle strutture fisse coperte, di certo più onerose di qualche tavolino sormontato da un ombrellone? Sarebbe ora di parlarne, perché laggiù all’orizzonte si inizia a intravedere qualche nuvola carica di pioggia, e la preoccupazione è che l’elefante abbia paura dei tuoni e scappi dalla stanza distruggendo ogni cosa al suo passaggio.