Gli hamburger plant based stanno perdendo la sfida con la carne

La bolla dell'alternativa vegetale firmata Beyond Meat, Impossibile Foods & Co è già scoppiata, e le ragioni sono tangibili. Per stessa ammissione di chi guida i grandi brand di plant based.

Gli hamburger plant based stanno perdendo la sfida con la carne

Gli hamburger plant based e in generale le proteine vegetali hanno lanciato una sfida alla carne: e la stanno perdendo. Sette o otto anni fa la produzione di “carni” alternative è improvvisamente esplosa: una serie di ragioni tecnologiche, storiche e commerciali hanno fatto gridare alla svolta. Un nuovo tipo di cibo, non più i tristi succedanei di soia e seitan ma vere e proprie imitazioni, simili nell’apparenza e nel gusto: dovevano salvare la salute, e soprattutto il pianeta. Ché gli allevamenti intensivi, si sa, inquinano e deforestano, emettono gas serra e impoveriscono i suoli, prosciugano le risorse idriche e creano ceppi di super batteri resistenti agli antibiotici. Insomma dovremmo ridurre drasticamente il consumo di carne: ma non lo stiamo facendo.

Soprattutto non lo stanno facendo negli Stati Uniti, che sono pur sempre una grossa fetta del consumo globale. Quest’anno le vendite del settore sono crollate del 17%. Ma è un andamento che conferma quello dell’anno scorso, quando ci fu un calo del 7%, e la generale spirale negativa che è partita dal 2022: rispetto a quell’anno gli americani hanno comprato 75 milioni in meno di prodotti del settore plant-based. Già tre anni fa infatti Beyond Meat, che è uno dei colossi del settore, aveva annunciato un calo delle previsioni e un taglio di 200 posti di lavoro; mentre l’anno dopo le vendite andavano in picchiata scendendo di un terzo. L’anno scorso la crisi per Beyond si aggravava, portando l’azienda ad adottare  contromisure (di dubbia efficacia).

La bolla sicuramente c’era stata, ma lo sgonfiamento è altrettanto clamoroso: Beyond era valutata 10 miliardi di dollari qualche anno fa, ma ha subito un calo del 97% del prezzo delle sue azioni. Il momento drammatico ha riguardato un po’ tutti: all’inizio di quest’anno è arrivata la notizia che Unilever e Nestlè stanno per uscire dal business – quando l’ingresso anni fa di aziende alimentari “tradizionali”, e addirittura l’interesse di catene fast food come McDonald’s, erano state lette come conferma di una novità inarrestabile e vincente. Mentre di qualche settimana fa è la notizia della liquidazione di Neat Burger, startup appoggiata dall’asso della Formula 1 Lewis Hamilton e dalla star di Hollywood Leonardo di Caprio.

Attualmente le alternative plant-based rappresentano un misero 1% del mercato totale della carne negli USA. E secondo un dato fornito dall’industria della carne, gli americani che hanno intenzione di diminuire l’assunzione di carne è calato del 20% rispetto al 2020.

Perché le proteine vegetali non funzionano

carne plant based

Naturalmente l’industria della carne tira acqua al proprio mulino, e la propaganda funziona: una delle cause per cui le proteine vegetali sono in crisi è proprio la risposta potente delle grandi lobby dell’industria alimentare, che non si è fatta attendere e in questi anni ha costruito una contro-narrazione evidentemente efficace. Noi qua in Italia non l’abbiamo percepita tanto, forse perché meno coinvolti dal punto di vista commerciale (Impossible Foods, l’altro grande produttore, in UE non può vendere per ragioni tecnico-legali), ma per avere un’idea si può pensare alla potenza di fuoco scatenata nei mesi passati contro la carne coltivata, che tra l’altro non è manco in vendita ancora.

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Poi c’è l’impazzimento legato alle proteine, proteine che già assumiamo in grande quantità ma sulla cui indispensabilità veniamo continuamente bombardati. A questo trend si è agganciata, soprattutto sui social, la retorica carnivora e lo sbeffeggiamento dei vegetali e dei vegetariani.

Negli USA tutto ciò è ulteriormente amplificato dal momento storico-politico: il credo “Make America Healthy Again” dell’amministrazione Trump è in linea. Paul Saladino, un influencer sostenitore della carne che ha definito gli hamburger vegetali “spazzatura”, a maggio ha portato un frullato a base di carne a un evento alla Casa Bianca e ha tracannato uno shottino di latte crudo con Robert F. Kennedy Jr., il segretario alla Salute degli Stati Uniti. “Mangio proteine, molte proteine”, ha detto Kennedy a Saladino.

Le reazioni dell’industria plant based

Ethan Brown, chief executive di Beyond Meat, ha ammesso al Guardian: “Non è il nostro momento, lo riconosciamo, sarebbe folle pensarlo. Il consumo di carne è in aumento, la cultura politica è diversa. Dobbiamo solo superare questo periodo”. L’industria della carne “ha fatto un lavoro magistrale, convincendo la gente che c’era qualcosa di sbagliato nei prodotti, o che erano ultra-processati o cose del genere”, ha aggiunto Brown. La risposta dell’azienda per il momento è stata quella di togliere la parola “carne” dal nome, per cui si è passati da Beyond Meat a Beyond e basta. E poi quella di lanciare un prodotto a base di proteine vegetali (principalmente fave) che non vuole imitare una bistecca o un pezzo di pollo. 

Dal canto suo Impossible ventila la possibilità di un ibrido – a base di proteine sia vegetali che animali – confermando che il target del settore non sono i vegetariani acquisiti ma i carnivori che vorrebbero non si dice smettere, ma almeno diminuire.