Perché i giganti dell’agroalimentare non abbandonano la Russia

Dopo il fuggi fuggi dal mercato russo sbandierato nelle prime settimane di guerra, oggi molte aziende soprattutto dell'agroalimentare continuano a fare affari con Mosca.

Perché i giganti dell’agroalimentare non abbandonano la Russia

Nei primi giorni dell’invasione russa in Ucraina sono partite immediatamente, o almeno sono state annunciate, grandi e piccole sanzioni e ritorsioni: dal boicottaggio alla vodka alla chiusura di giganti del fast food come McDonald’s. Ma non tutti hanno lasciato la Russia: qualche settimana fa ci si chiedeva come mai la catena di supermercati Auchan insieme ad altre grandi aziende francesi non avesse interrotto gli affari con Mosca; ma in generale bisogna sottolineare che i big dell’agroalimentare mondiale tutto stanno facendo tranne che rinunciare ai propri commerci con la Russia. Lactalis, Agrana e Mondi non fanno un plissé, ADM, Cargill e Barry Callebaut hanno semplicemente programmato una diminuzione delle operazioni “non essenziali” o sospeso gli investimenti finanziari. Necessità o convenienza? Se lo chiede, e lo chiede ai diretti interessati, il sito Foodingredientsfirst.

L’agricoltura ucraina in difficoltà

Il sito raccoglie anche il grido di dolore di Mariia Didukh, direttrice dell’Ukrainian National Agrarian Forum (UNAF): “La nostra situazione agricola è la seguente: alcune regioni non occupante continuano le coltivazioni, ma le aree dell’est non possono operare. Impossibile lavorare la terra a causa delle mine ma anche della mancanza di prodotti agricoli”. Didukh il mese scorso ha scritto una lettera a 27 grandi società dell’agroalimentare, tra cui ADM, BASF, Cargill e Olam, chiedendo un disinvestimento completo dalla Russia, come compensazione dei danni economici inflitti all’Ucraina dalla guerra, e soprattutto come spinta alla cessazione delle ostilità. Nessuna delle multinazionali interpellate ha risposto.

Le multinazionali che non lasciano la Russia

Agricoltura Ue

Un monitoraggio in corso da parte dell’Università di Yale, Stati Uniti, ha rilevato che almeno 216 multinazionali stanno facendo orecchie da mercante rispetto alle richieste di uscita o riduzione delle attività in Russia. Molte di queste aziende operano nel settore agroalimentare.

Una di queste, Agrana, ha dichiarato a FoodIngredientsFirst: “Stiamo cercando di continuare a svolgere i nostri compiti come fornitori di generi alimentari essenziali e soddisfare il fabbisogno alimentare della popolazione locale. Pertanto, al momento non è previsto un ritiro dal mercato russo. Riteniamo inoltre che noi stessi abbiamo un obbligo in quanto datori di lavoro nei confronti del nostro personale locale. Una chiusura non avrebbe alcun impatto sui responsabili della guerra. Sosteniamo pienamente le sanzioni politiche imposte alla Russia e abbiamo inoltre deciso di astenerci per il momento dal fare ulteriori investimenti in Russia”.

ADM esprime “orrore” per la guerra e si è impegnata a “ridimensionare” le sue “molto limitate” attività in Russia. Cargill dice che sta “ridimensionando” ma continuerà a fornire cibo e strutture perché “la fame non dovrebbe mai essere usata come arma”. Ma al di là delle giustificazioni morali, i rapporti trimestrali mostrano che i commercianti di grano stanno realizzando profitti sostanziali dal cambiamento di domanda e offerta causato dalla guerra, con le azioni di ADM in aumento del 30% quest’anno.

Barry Callebaut ha sospeso gli investimenti di capitale in Russia, ma afferma che continua a fornire prodotti alimentari ai russi perché “il cioccolato fa parte della dieta quotidiana di molti”. Olam continua a fornire latte dai suoi allevamenti ai suoi clienti nel mercato interno in Russia e sta impegnando 5 milioni di dollari in iniziative di aiuto di emergenza con partner internazionali, tra cui il Programma alimentare mondiale e l’UNICEF. BASF si è inoltre impegnata a donare 1 milione di euro (1,08 milioni di dollari) in aiuti di emergenza al popolo ucraino.