Food Games su Food Network: un mix nonsense tra Ciao Darwin e Chi vuol essere milionario

Un'occasione sprecata quella di Food Games, nuovo cooking show a quiz trasmesso su Food Network: poco divertimento, poca cucina, poca suspense, poca originalità.

Food Games su Food Network: un mix nonsense tra Ciao Darwin e Chi vuol essere milionario

Qualcosa di diverso, su Food Network, che ha scelto di proporre un nuovo format di intrattenimento: si chiama Food Games ed è iniziato in prima visione nella sera del 11 gennaio scorso. Il motto è “tutti sanno cucinare, ma quanti conoscono il cibo che stanno cucinando?“: infatti trattasi del “primo cooking show a quiz“, ovviamente a tema culinario (nonché girato presso In Cibium, scuola di alta formazione gastronomica, con pubblico in presenza). Abbiamo visto la prima puntata, a fatica perché sono venti minuti molto lenti e che di cucina paradossalmente hanno pochissimo: è decisamente ispirato a Ciao Darwin e Chi vuol essere milionario, scimmiottando persino Masterchef – avanguardia pura (cit.).

Commentiamo quindi da due punti di vista: la tipologia di domande che hanno scelto per gli intervalli dedicati al quiz, e la parte in cui i concorrenti cucinano e sono poi giudicati da chef e personaggio non-chef. La parte “games” riguarda anche il fatto che a ogni risposta sbagliata, l’avversario può mettere in difficoltà lo sfidante o togliendo un ingrediente della ricetta che sta preparando, oppure aggiungendo un ingrediente che con la pietanza non c’entra niente. Sì, ma non funziona non diverte non mette suspense.

Il quiz: cultura generale sul cibo

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Il programma prevede appunto sia una parte di cucina sia una parte di quiz, ovvero una serie di domande di cultura generale poste una dopo l’altra mentre gli sfidanti cucinano. Il tema dei questionari varia dalla banalità estrema a domande poco interessanti, non per il tema in sé ma perché la soluzione poi non è spiegata nemmeno un minimo. Due esempi: “Di che colore è il wasabi: verde, viola o giallo?” o “Quale di questi cibi è ricco di potassio: avocado, mele o fragola?“.

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Una volta data la risposta, sarebbe stato carino spiegare perché il wasabi è verde e mostrare i valori di potassio in ogni cibo messo in opzione. Invece no: si sente la risposta giusta o sbagliata e finisce li. Già che hanno usato musiche e box in stile Chi vuol essere milionario, avrebbero potuto fare un piccolo sforzo in più.

Categorie di persone come in Ciao Darwin, nessuna attinenza con le ricette

A colorire ogni puntata c’è una coppia di concorrenti che rappresenta categorie opposte, come in Ciao Darwin. Nella prima, per esempio, si sfidano “Posto fisso” e “Partita iva”. Ok, ma cosa c’entra con le ricette che devono preparare i due? Niente, assolutamente niente, nulla che alla fine, nel piatto, rappresenti uno o l’altro per qualche ragione. Quindi anche questo divertissement si perde via come lacrime nella pioggia.

Una sfida che non sa di carne né di pesce

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Nella prima sfida, come accennato, i concorrenti si sfidano sul proprio cavallo di battaglia e hanno dunque a portata di mano un preciso elenco di ingredienti. Mentre cucinano sono interrotti dal presentatore Fabio Esposito, che espone le domande e gestisce la sfida: a ogni risposta sbagliata, lo sfidante può privare l’altro di un ingrediente che deve usare nella propria ricetta. Nella prima puntata cucinano rispettivamente pasta con ragù di polpo e pasta con ragù colorato speziato. Capisco anche io che se il primo ingrediente che rubo al mio sfidante è il polpo, questo non metterà niente nel piatto, ma allora avrei regolamentato meglio la penitenza e l’avrei spiegata al pubblico in modo da fargli vivere un minimo di tensione. Come? Per esempio, non facendo scegliere l’ingrediente ma affidando al caso la privazione. E come va, va.

Non si vede come o cosa cucinano i concorrenti

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Ok che non è un programma di ricette, ma se alla fine comunque le pietanze sono impiattate e sottoposte al giudizio di chef Marco Gallo e dell’attore Francesco Procopio (l’unico elemento che offre respiro, per quanto si parli pur sempre di comicità davvero vecchia come l’ammiccare alla concorrente donna o fare l’ignorantone sull’argomento cucina), che senso ha non far vedere come cucinano gli sfidanti?

Benedetta Rossi nel ruolo di conduttrice tv è meglio della Benedetta Rossi cuoca Benedetta Rossi nel ruolo di conduttrice tv è meglio della Benedetta Rossi cuoca

Le tempistiche sono assurdamente brevi (e per fare ragù o focaccine un minimo ci vuole), e non inquadrano mai né ingredienti né pentole sul fuoco. Non si capisce come cucinino, non si vede mai a che punto della ricetta siano. Soprattutto, quando nella seconda sfida si mettono in difficoltà a vicenda aggiungendo ingredienti “killer” estranei, non si sa come decidono di inserire l’extra nella ricetta. La concorrente del “Posto fisso” si trova a dover usare il wasabi nelle focaccine farcite: non dice come lo usa, non dice dove lo mette, non dice quanto ne mette. Lo mette e basta, e il pubblico non capisce niente, e mi chiedo quindi anche i giudici cosa possano capire.

In compenso, il giudizio dei piatti è eterno e inutile

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E a proposito, parliamo della parte relativa al giudizio dei due giudici: la cucinata dura pochissimo mentre il giudizio è serio e lento, eterno come a Masterchef, ma perfettamente inutile per tutte le problematiche descritte. Anche perché si limitano a giudicare la riuscita finale della pietanza, e non a giudicarla in relazione a ciò che è accaduto durante al sfida (e, magari, dando consigli su come inserire meglio il wasabi extra, o su come cuocere la carne del ragù se non puoi usare il pomodoro).

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Diciamo che su Food Network ho ultimamente visto cose peggiori (tra inni alla religione cattolica e format vergognosamente pieni di sponsor), ma i quaranta minuti spesi per guardare Food Games li avrei comunque occupati volentieri facendo altro.