L’Orto di Carlotta: se nemmeno Cucina Botanica riesce a parlare di vegetali in tv

L'Orto di Carlotta - su FoodNetwork, debutto per Carlotta Perego alias Cucina Botanica - promette di insegnare i valori del vegetale e della sostenibilità, ma di tutto ciò si vede ben poco.

L’Orto di Carlotta: se nemmeno Cucina Botanica riesce a parlare di vegetali in tv

Carlotta Perego è conosciuta sul web (sui social network, soprattutto) come Cucina Botanica, che da semplice progetto personale nato nel 2018 è diventato azienda. Sì perché fa corsi, scrive libri e approfondimenti, e ora è trasmissione su FoodNetwork: L’Orto di Carlotta. La sua specialità è puntare sul veganismo, inteso sia come (ri)scoperta di ricette prive di alimenti di origine animale, sia come cultura vegetale. Mi aspetto, insomma, dal 19 novembre su FoodNetwork, tantissimi contenuti buoni sotto ogni punto di vista – nutrizionale, etico, culinario.

Lei stessa crea alte aspettative, presentando il proprio debutto in tv come “primo programma televisivo in Italia dedicato interamente alla cucina vegetale“… cosa non del tutto esatta, perché preceduta di due anni dalla chef vegana Morgan Witkin con le puntate di “Morgan gusto sano in Cucina”. Comunque, dettagli trascurabili a parte, eccomi incollata allo schermo per vedere la prima puntata – in questo periodo storico in cui è urgente comunicare vegetale oltre che cucinare vegetale. Si parla infatti di carne coltivata (ostacolata dal Governo e persino da Slow Food), sfruttamento e violenza nei mercati di animali e negli allevamenti, biodiversità… e Carlotta Perego, chissà, potrebbe essere la persona giusta. D’altronde, ha studiato a Los Angeles cucina vegetale e nutrizione oltre ad aver lavorato come assistente e insegnante nella scuola Plantlab. Mi aspettavo una rivoluzione, sul canale 33 con l’Orto di Carlotta, e invece rimango a bocca asciutta: una trasmissione come tante, con un titolo diverso.

Stagionalità non pervenuta

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La prima puntata è dedicata al cibo condiviso nel pranzo della domenica, bella trovata, dato che la retorica italiana sul pranzo domenicale è sempre molto vivida. Carlotta prepara gnocchi integrali con verdure, polpette di legumi con hummus e spalmabile vegetale, salame di cioccolato. Nella seconda puntata, invece, si dedica allo street food (fantasia portami via).

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Partiamo non male, malissimo. Il primo piatto scelto per il debutto di l’Orto di Carlotta è gnocchi integrali con verdure saltate. Siamo a fine novembre e le verdure protagoniste sono zucchine, peperoni e melanzane, pomodori “cuore di bue” ovvero scelte primaverili ed estive. Lo so benissimo che si tratta di ortaggi reperibili ormai tutto l’anno, ma da una trasmissione che fa della cucina vegetale di “gusto e sostenibilità” un motto di vita mi aspetto come minimo il rispetto della stagionalità. Che non è pervenuto nemmeno nella seconda puntata, visto che usa peperoni anche nel burrito.

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Girate la trasmissione in estate ma sapete che la manderete in onda in autunno? Perfetto, allora PARLATE e raccontate delle alternative per le altre stagioni. Unica nota positiva, sulla sostenibilità, l’avocado usato nei burrito: Carlotta ha per fortuna specificato che l’avocado è coltivato anche in Sicilia, così da evitare quelli acquistati da Australia, Perù e Cile.

Scarsi insegnamenti sugli ortaggi

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Patate già bollite e sbucciate, fagioli già cotti, ceci già cotti: l’attenzione per gli ingredienti, che sono il perno su cui ruota il format, è scarsa. Mi sarei aspettata un box informativo sulla tipologia di patate da usare (soprattutto se impastate con una non usuale farina integrale, per gli gnocchi), sulla stagionalità dei fagioli usati per le polpette della seconda portata, su come usarli da secchi o da freschi, perché lasciarli in ammollo e come. Il nulla, ad eccezione di una superficiale cottura dei cannellini in pentola a pressione, nella seconda puntata. Per i waffle nella seconda puntata, Carlotta usa carote già spuntate (far vedere quel passaggio avrebbe tolto troppi secondi dagli sponsor…) e da cui rimuove la buccia, senza riciclare (quando poteva benissimo usare nella ricetta anche quelle). Perché, diamine?

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Purtroppo non posso fare a meno di constatare che, per ora, il fine è la ricetta e non istruire sulla stessa, cosa che avrebbe invece fatto la differenza rispetto ad altre trasmissioni culinarie – visto che anche Csaba dalla Zorza in Cucina Economica ha dedicato molte ricette a verdure e legumi, come appunto le polpette di legumi. Come già scritto, anche i ceci per l’hummus sono cotti e il prezzemolo è già sul piattino insieme al limone già tagliato – già mezzo afflosciato: il gesto di prenderlo dalla “dispensa” stride, soprattutto con un orto li accanto e inserito nell’introduzione a ogni puntata. Orto di Carlotta, ma dell’orto non si vede niente se non nella sigla iniziale. Spero migliori nelle prossime puntate.

Troppi sponsor

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Non siamo ingenui: sappiamo bene che sono gli sponsor a tenere in piedi e a permettere questo tipo di trasmissioni: ma il troppo stroppia. Ora, ditemi voi: che senso ha promuovere una trasmissione che parla di natura, orto, sostenibilità, amore, vegetale e poi inquadrare il nuovissimo philadelphia vegetale di continuo e dedicare alla confezione più attenzione che al resto della pietanza?

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Sì perché il formaggio appena citato fa parte della seconda ricetta di Carlotta: polpette di legumi, su hummus (ovviamente di legumi) e pure lo spalmabile vegetale – usato in giganti quenelle direttamente dalla confezione, presa da un frigorifero che ne contiene altre 10. Ovviamente, non ne sono stupita. Alpro ovunque. Verdure e frutta Solarelli in ogni puntata.

Gli gnocchi sono fatti con patate anonime e farina integrale biologica, rigorosamente brandizzata Petra Maiorca. Poi, dopo aver impastato, avvisa noi del pubblico che deve “pulire il tagliere con un po’ di panno carta” o “sistemare il bancone“: e anche il panno carta è brandizzato (cosa ormai a cui siamo abituatissimi). Persino nel salame di cioccolato proposto come dessert c’è una crema di mandorle marchiata Koro.

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In un dolce semplicissimo (e stravisto) come questo, perché Cucina Botanica ha ceduto al prodotto sponsor e non ha invece dato precedenza a una preparazione come la crema di mandorle ottenuta a casa? Il salame avanzato è poi ovviamente conservato sottovuoto (chi non lo fa?), usando proprio la macchinetta per il sottovuoto che fa da sponsor (25 secondi di attenzione a questa cosa, che nervi). E nella “dispensa casalinga” vedi 2-3, macchinette, wow molto credibile.

Ricette al netto dei moralismi

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Nella prima puntata non mi ha colpita nulla in particolare: cose già viste, tematiche già strausate in televisione. Nella seconda puntata invece ha attirato la mia attenzione una ricetta “al profumo di mare” che, in una trasmissione di cucina vegetale è particolare: per ottenere il sentore marittimo, Cucina Botanica usa fagioli e alga nori combinati con cipolle rosse e altri ingredienti. Ne sono felice, perché visto l’andazzo temevo che avrebbe usato il tonno vegano “Vuna” come sponsor. Ecco finalmente, dunque, una ricetta che mantiene più o meno le promesse, anche se la stagionalità non è comunque rispettata.

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Inutile specificare che tale recensione non è frutto di accanimento gratuito, bensì di delusione. Non sono sicura di voler concedere il beneficio del dubbio e aspettare che il resto della trasmissione migliori: sono stufa di constatare che anziché migliorare e abbracciare per davvero tematiche fondamentali, e che tramite la televisione potrebbero arrivare velocemente nelle case, in Italia rimaniamo attaccati con unghie e denti al mero intento commerciale. E ai compromessi che non sempre andrebbero accettati.