Il Delivery perfetto, la gara in tv sul food a domicilio: ma siete seri?

Nuova trasmissione su Foodnetwork: Il Delivery perfetto, una gara sul cibo a domicilio. Poco credibile, piena di clichè, ridicolizza la categoria.

Il Delivery perfetto, la gara in tv sul food a domicilio: ma siete seri?

Si chiama Il Delivery perfetto la nuova trasmissione in onda dal 28 marzo su FoodNetwork: una gara sul cibo consegnato a domicilio che vede due ristoranti come concorrenti e due squadre come giudici a casa, li a valutare velocità di consegna, presentazione del piatto e packaging, prezzo e gusto. Con tutti i casini e le polemiche sul food delivery e sulle condizioni di lavoro dei rider si doveva per forza fare una trasmissione su questo argomento? Mi sembra decisamente fuoriluogo – senza contare il fatto che si tratta dell’ennesimo costruitissimo talent di intrattenimento sul cibo, e non se ne può più veramente.

La storia si ripete, infatti è successa la stessa identica cosa di quado guardai Giovani nonne: mi sono anche ora fatta delle aspettative pessime e purtroppo ho confermato i miei stessi timori dopo aver visto le prime due puntate sul canale 33, ambientate a Bari e a Pescara. “Siete dei food delivery addicted – cit?” Non più, no, da adesso.

I soliti cliché, e un po’ di disagio

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Si inizia con la solita retorica sul cibo artigianale, con bancarelle sul ciglio della strada e prodotti proposti così in sacchetti di plastica chiusi col nodo, i clienti che giocano a carte a tavola nell’attesa, e dialetto incalzante: ci vuole sempre, perché l’Italia in tv è fatta solo di questo. Poi si segue il copione: squadre e giudici che recitano le battute davanti alla telecamera, impacciati e poco naturali, con tanto di tristi provocazioni l’uno nei confronti dell’altro. C’è, insomma, il solito disagio provocato da autori che credono di aver davanti attori e non gente semplice che dovrebbe fare tutto tranne che stare in tv. Poi, un disastro tra ambientazioni, montaggio, audio, tempi: sembra la parodia di Cucine da incubo, è davvero imbarazzante.

La finta tensione di una gara non gara

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Le cucine dei ristoranti in gara sono palesemente chiuse e già organizzate con gli ingredienti suddivisi in ciotoline, e solo per l’ordine delivery ricevuto, perché è tutto immacolato e pulito. Credevo svolgessero le puntate durante la normale apertura dei ristoranti e invece no… ma che gara è, scusate? Bravi tutti ad aprire un ristorante appositamente per un solo ordine a domicilio coinvolgendo l’intero staff, e il proprietario ad aiutare. Con impiattamenti nei packaging studiati talmente a tavolino che non si capisce nemmeno se il servizio delivery di solito sia previsto, a telecamere spente. Sono sconcertata, onestamente.

Movimento di camera, tensione esagerata, capo brigata che incita lo staff, racconti di nonne che fanno orecchiette in casa, lacrime di speranza, scazzi e siparietti eterni di un livello abominevole – come una delle clienti nella prima puntata che canta una canzoncina prendendosi in giro da sola per il sovrappeso, o l’altro che si rende ridicolo giocando al mimo. Non fa ridere, smettetela.

La consegna. Niente rider, ovviamente

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In questo periodo se ne sentono di tutti i colori tra rider pagati una miseria e al limite dello sfruttamento, vittime di incidenti mentre corrono tra le vie della città, proteste su delivery mal riusciti (l’ultimo a lamentarsi è stato Salvatore Aranzulla)… e infatti la consegna non è affidata a rider di società esterne bensì ai membri dello staff del ristorante. Ad esempio, a uno dei camerieri – a giudicare da come è vestito. Nelle prime due puntate non c’è stata traccia di biciclette o motorini, solo autovetture e camioncini. Per un solo ordine. Con l’autista/rider che tiene persino il cellulare in mano mentre guida, intento in un vivavoce col boss. Non sarà che l’opzione del delivery non sia tra i servizi più proposti da questi ristoranti in gara? Mh…

Un’altra considerazione: nella puntata non indicano la posizione topografica dei due ristoranti rispetto al domicilio, nemmeno la distanza in chilometri, cosa che per me è fondamentale soprattutto nel momento in cui gli ordini sono fatti nello stesso momento e il primo giudizio riguarda i tempi di consegna. A proposito, l’ordine fatto al ristorante è “in diretta” nel senso che lo schermo si splitta in due e sembra che la telefonata tra cliente e ristoratore sia effettivamente in tempo reale. Hem, il ristoratore non chiede nemmeno la via per la consegna, cosa che poteva essere inclusa e censurata con i “bip” per privacy, ma manco si è fatto quello sforzo per rendere tutto almeno un pochino realistico.

Sospetti più o meno fondati

La cosa puzzava e ho indagato. Ecco la situazione: il sito web di un ristorante in gara non fa cenno al delivery e non è aggiornato da Natale, un altro ristorante ha anche una pagina Facebook in cui si annovera il servizio di “ritiro in negozio” ma non quello della consegna a domicilio (se c’è, non è quindi evidenziato), un terzo cita le consegne a domicilio ma relativamente alle occasioni di Festa (non si capisce se è un servizio fisso), un quarto non indica proprio nulla e non c’è traccia di delivery come servizio offerto.

Ho quindi provato a contattare uno dei ristoranti, la risposta è stata che effettuano delivery interno, ma solo in determinati orari, solo in città, solo se si spende almeno una certa cifra. Gareggiare come “miglior ristorante delivery” quando tale servizio non è nemmeno tra quelli di punta e rappresentativi, equivale a far gareggiare Iginio Massari per il titolo di “miglior pizzaiolo”: saprebbe fare una pizza, sicuramente, ma non è la sua specialità.

Il cibo

La gara è solo su classici della tradizione italiana, perché si sa che il delivery è scelto per carbonara e saltimbocca e NESSUNO prende invece pizze, cibo asiatico e hamburger. Nella prima puntata si ordina “orecchiette alle cime di rapa come da menu” ma il menu non è letto per esteso, arriva un’orecchietta poco gradita e inaspettata (senza acciuga, con merluzzo e bacon), e si nota quindi un enorme buco di narrazione.

La bontà del cibo è poi palesemente messa in secondo piano, ci si concentra su tempo di consegna e packaging – che ribadisco, è poco credibile, esagerato, addirittura con sacchetti brandizzati e confezioni a forma di cocotte. Se fosse tutto vero, sono ben lontani i tempi delle vaschette di alluminio e tanto di cappello per l’investimento. E il tempo di consegna regala punti extra al primo arrivato, il che non ha senso visto che non si conosce la distanza tra ristoranti e domicilio come scritto poco fa.

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La proclamazione

Ditemi voi che senso ha proclamare un ristorante “miglior ristorante delivery della tal città” quando a gareggiare sono solamente in due – in un’intera città – e quando la gara è a ristorante chiuso. Allora è molto più sincero Simone Rugiati in Foodadvisor, dove perlomeno gira e assaggia cinque locali nell’ora di punta e ha materiale per fare una classifica argomentata. Qui è invece il nulla cosmico.

Insomma sembra tutto facile, tutto buono, tutto idilliaco, telefoni e via ti arriva a casa un cameriere in giacca e cravatta e grembiule nero che ti consegna anellini fatti a mano in packaging brandizzati che nemmeno a Dolce&Gabbana. Qual è lo scopo di una cosa del genere? Possibile che non ci si renda conto dei danni che una tale comunicazione possa provocare, a chi sbatte il muso tutti i giorni per portare avanti un ristorante o un’attività? Pensate davvero che i telespettatori siano tutti deficienti?