Masterchef Italia 10: intervista al vincitore, Francesco Aquila

La nostra intervista a Francesco Aquila, decimo Masterchef d'Italia. Entrato come imitatore di Salt Bae, uscito da vincitore: ecco il suo racconto del percorso fatto nella Masterclass.

Masterchef Italia 10: intervista al vincitore, Francesco Aquila

L’avevamo detto è così è stato: Francesco aka Aquila è il vincitore di Masterchef Italia 10. Eterno secondo nelle prove, Aquila ha dimostrato un carattere e un talento costanti, che alla fine gli sono valsi il titolo nel primo Masterchef dell’era Covid (anche se già il vincitore dell’anno scorso, Antonio Lorenzon, s’è goduto una vittoria un po’ zoppa).

34 anni, pugliese residente in Emilia-Romagna, maître di sala e docente di sala, maestro di Thai carving  (l’arte di intagliare la frutta in maniera artistica), Aquila è stato proclamato vincitore tra i coriandoli dai giudici Bruno Barbieri, Antonino Cannavacciuolo, Giorgio Locatelli, vincendo sui tre colleghi arrivati con lui all’ultima puntata (che abbiamo intervistando, chiedendogli cosa Aquila avesse più di loro).

Per lui, un anno di gloria, 100mila euro in gettori d’oro e la possibilità di pubblicare il proprio primo libro di ricette con Baldini&Castoldi. Il libro si chiamerà “My Way”, lo stesso nome del suo menu di ieri sera, che prevedeva l’antipasto “Tavola pronta”: funghi cardoncelli, stracciatella, borragine, pane, peperone crusco, origano e sfera di gazpacho pugliese; il primo “La Nina, la Pinta e la Santa Maria”, gyoza con ventresca di tonno, ‘nduja e finocchietto, con crema di patata viola, aglio nero e cime di rapa; il secondo “Finestra sul sogno n’capriata di Wagyu”, filetto di Wagyu in consistenze diverse, con fave alla vaniglia, cicoria, puntarelle, porro bruciato, germogli e fiori; il dessert “Scarcedda n’uovo”, una scarcedda – dolce pugliese tipico del periodo di Pasqua – al cocco con finto uovo di Malibù e frutti esotici.

Lo abbiamo intervistato per chiedergli come è stata la sua esperienza nel cooking show più popolare d’Italia.

francesco aquila vincitore masterchef italia 10

– Sei arrivato come personaggio, sei uscito da vincitore: quando è cambiato il tuo percorso a Masterchef verso la vittoria?
“Nel mio percorso mi mancava molto mia figlia, e a un certo punto mi sono detto: ma è possibile che tu sia qui, a lottare per qualcosa in cui vuoi arrivare, lontano dalla tua bambina e nonostante questo rischi di non arrivarci? Lì ho messo la sesta, ho capito che il tempo è una cosa preziosa, che nessuno me lo poteva ridare indietro e che dovevo mettercela tutta per usarlo al meglio”.

– Parliamo del tuo inizio à la Salt Bae: ma come ti è venuto in mente?
“Sicuramente spesso al primo impatto passo per una persona superficiale, che vuole apparire, ma non c’è nulla di costruito: io sono proprio così. La cosa veramente bella è che alla fine di me sia uscito non il personaggio ma la persona, con i miei valori più importanti, l’amicizia e la famiglia”.

– Cannavacciuolo ha detto in finale che non hai negato un sorriso a nessuno…
“È vero, neanche a chi mi ha tolto la mandolina!”

– Sì, ma alla fine non hai legato con tutti allo stesso modo: chi avresti voluto in finale con te?
“Sono contento di essere arrivato con Antonio e Irene in finale, perché valevano molto e io credo davvero nella meritocrazia. Loro ci stavano benone in finale, se la meritavano tutta, ma se avessi potuto scegliere con il cuore avrei voluto Eduard e Monir”.

– Hai progetti per il futuro?
“Ora sono in un pianeta sconosciuto, devo iniziare a visitarlo e a guardarmi intorno perché non so cosa ci sia là fuori. Di sicuro non mi fermerò, voglio crescere professionalmente.”

– C’è stato un momento in cui hai avuto paura o ti sei sentito demoralizzato?
“Sì, durante lo skill test con il collo di gallina. Per me era la prima volta, e lì mi sono detto “ecco, è arrivato il momento di fare le valigie”. Poi anche quando abbiamo fatto il pollo in vescica, anche lì mi sono spaventato parecchio”.

– Pubblicherai anche tu il tuo libro di ricette, giusto?
“Esce l’11 marzo, si chiama “Aquila, My Way, zio Bricco che ricette”. “My Way” come il titolo del mio menu della finale. Ho messo dentro tutte ricette semplici, da fare in casa, e le ho divise in passato (le ricette delle origini, della tradizione), presente e futuro”.

– Come è stato il rapporto con i tuoi compagni, molti dei quali decisamente competitivi?
“Sì, molti nella Masterclass per paura o insicurezze cercavano di trarre il più possibile vantaggio, ma questo succede anche nella vita, no? Alla fine io ho scelto intorno a me le persone che sono state leali nella competizione”.

– E con i giudici?

“Guarda, forse con il montaggio non si vede abbastanza, ma grazie ai giudici si crea un’atmosfera davvero bella nella Masterclass. Loro sono grandi amici, e si vede, e per noi sono davvero delle guide importanti. Credo che questo contribuisca anche a far passare un diverso messaggio, più sereno, di come funziona una cucina: non solo urla, ma soprattutto fare squadra e divertirsi insieme, perché in un posto di lavoro è super importante”.

– E Antonio, tuo eterno rivale?
“Ma no, guarda che Antonio è sembrato più cattivo di quello che è. In realtà è un carissimo ragazzo, tant’è vero che l’ho citato anche nel libro. E poi la competizione con lui mi ha sempre spronato a fare meglio, quindi alla fine lo devo ringraziare”.

– Irene ieri ha sbagliato menu?
“Mah, io non ho tanto capito il senso della sequenza dei piatti. Ma quello era il menu di Irene, se lei si sentiva di fare così, se quel menu l’ha rappresentata al meglio, ha fatto bene a farlo”.

– Però il tuo sguardo quando Irene presentava i suoi piatti sembrava terrorizzato…
“Ma no, terrorizzato no! Però hai ragione, devo ammetterlo, guardando i suoi piatti ero davvero ammirato. In particolare quello con i rami, lì ho pensato “Caspita, ma che bello!”. Quel piatto lì, secondo me, se gli metti una proteina, è un piatto davvero straordinario. Ero convinto che avrebbe preso molti punti”.

– E tra i tuoi, qual è il piatto di cui vai più orgoglioso a Masterchef?

“Tutto il menu della finale, ma in particolare l’antipasto e il dolce, che era davvero difficile: un azzardo, sapevo che se l’uovo non si fosse sciolto sarebbe stato un disastro”.