Masterchef rimane un programma importante ma non imperdibile. Non sono parole che riguardano l’edizione italiana, ma quella inglese, arrivata al ventunesimo anni di vita e parecchio acciaccata, almeno a quanto riporta il Telegraph. L’ultima stagione infatti è stata mandata in onda dalla BBC nonostante l’allontanamento dei giudici Gregg Wallace e John Torode. Il primo è stato accusato da più persone di commenti sessuali e comportamenti inappropriati sul lavoro; il secondo avrebbe usato un termine razzista estremamente offensivo in un contesto lavorativo. Gli scandali, assieme ad una certa assuefazione, hanno portato alla perdita di 700 mila spettatori.
La quindicesima stagione di Masterchef Italia che va in onda in queste settimana su Now Tv, non vive lo stesso disincanto: i dati di ascolto sono ancora buoni, in linea con quelli delle pay tv. Eppure ci sembra, empiricamente, di notare un fatto: Masterchef non è più un programma buono sia per il pubblico generalista che per gli addetti ai lavori, questi ultimi lo hanno abbandonato. Un dato empirico, su un campione molto ridotto: la redazione di Dissapore.
NDR: Per redazione di Dissapore si intende tutta, tranne Valentina Dirindin, che stilerà le sue caustiche pagelle anche per questa 15esima stagione, non appena saranno terminati i provini e si entrerà nel vivo della gara. Pare i lettori le apprezzino.
Perché non abbiamo voglia di guardare Masterchef

Le cause sono parecchie e annose. C’è quella del cursus honorum degli chef che verrebbe svilito dai concorrenti che in una quindicina di puntate dimostrano tutto quello che c’è da dimostrare e assurgono al rango di chef de cuisine. Vedi Federico Ferrero (vincitore della quinta edizione) che è divenuto critico gastronomico o Enrica Liverani (prima nella sesta edizione) diventata scrittrice di libri di cucina, tra le altre cose. Poi ci sono Edoardo, che trionfò nella 12esima stagione e ha ben fatto l’Isola dei Famosi e Valerio Braschi, che in effetti è un cuoco capace pure di farsi notare. A conti fatti nessuna carriera eccelsa è nata dal podio di Masterchef, come mai nessun poeta laureato potrà uscire da Xfactor. Però li conosciamo.
Il problema dei concorrenti è semplice, ed è legato al tempo e alla cura: tutte le professioni necessitano di tempo per essere apprese, e richiedono una certa cura nell’esecuzione; e anche la cura è un atteggiamento dell’animo che si conquista con la pazienza. Il fatto che molti concorrenti affermino di aver appreso le tecniche cdi cucina su Tik Tok farebbe fumare le orecchie anche a voi se vi foste fatti cinque anni di alberghiero e dieci di gavetta.
Ma questo spiega soprattutto perché i cuochi non guardano più Masterchef. I critici invece, come mai non lo guardano? Non disdegniamo dal credere che il paraculismo sia una delle cause principali: se non è più cool intrattenere gli ospiti a cena con i commenti dell’ultima puntata, nemmeno se sono sarcastici e brillanti, perché bisognerebbe fare la fatica di guardarlo?
La triade Bruno Barbieri, Antonino Cannavacciuolo e Giorgio Locatelli, in auge dal 2019, sono più imprenditori che chef, e gli chef veri, che vengono coinvolti di volta in volta nel programma (vedi Chiara Pavan) vengono relegati a un ruolo tutto sommato marginale. In questo modo si perde completamente la sensazione che il programma possa insegnare qualcosa sulla cucina contemporanea.
Ma c’è un motivo più profondo, ed è quello che il vento è cambiato: 15 anni fa Masterchef Italia ha suggellato al pubblico generalista l’ascesa degli chef stellati, fornendo loro nomi, visi e storie di questi nuovi eroi, i cui ristoranti erano diventati le nuove mete culturali della medio borghesia. Ora, dopo anni di sovraesposizione mediatica, e con un’inflazione potente, il fenomeno dei ristoranti stellati ha ceduto il passo, prima tra le voci della critica, e poi, a caduta, sulla società civile.
Masterchef ha lavorato per anni per democratizzare il tre stelle Michelin, non tanto nel conto, quanto nella percezione comune; ed è probabilmente caduto vittima della sua stessa rivoluzione. Oggi è meglio il piccolo produttore di vini naturali che cucina due piatti in croce nella stufa della nonna, perché quello posso dire di conoscerlo solo io.
