Panino per hamburger fatto in casa: la rivincita dei nerd

Bun: il panino per hamburger fatto in casa con la guida che spiega come fare passo dopo passo

Panino per hamburger fatto in casa: la rivincita dei nerd

Intense sessioni di studio sui tagli adatti, prediche al macellaio, bicipiti rafforzati dalle macinazioni manuali, ingredienti selezionati con cura tra DOP, IGP e presidi Slow Food, poi mi comprate il primo pane per hamburger che trovate in offerta?

Non si fa, non è cosa.

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Il burger bun –sì, insomma, il panino per hamburger– è una sacra religione, risponde a determinati dettami, farlo in casa con le vostre mani dà una soddisfazione unica e impagabile.

Che vi invitiamo a sperimentare nel nuovo episodio della serie “La rivincita dei nerd”, al solito diviso in due parti: oggi la guida e domani la ricetta.

[La rivincita dei nerd: la serie]

Panino? Quale panino?

Anzitutto, focalizziamo l’attenzione sul risultato finale.

Vogliamo un pane che non ostacoli il morso ma che abbia la struttura necessaria a sostenere il peso degli ingredienti, che sia profumato ma non invadente, con una buona shelf-life (durata) e senza sentori di acidità, in parole povere: equilibrato?

Gira e rigira la scelta migliore per la maggior parte degli hamburger ricade su un brioche bun (panino morbido come una brioche) fatto a regola d’arte.

Se ben realizzato, è morbido, tiene a lungo, sostiene gli ingredienti, non risulta invadente e soprattutto reagisce magnificamente alla tostatura.

So cosa state per dire, in Italia abbiamo una marea di forme e bocconcini dalle dimensioni adatte allo scopo, ma spesso impegnano troppo il morso, causando la fuoriuscita degli ingredienti e disgregando l’insieme.

Quale farina?

Arriviamo al clou, alla colonna portante di ogni prodotto lievitato o panificato.

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Fondamentale è che la farina per realizzare il nostro meraviglioso bun sia di forza (W) medio-elevata, e con un’ottima percentuale di assorbimento.

Il motivo risiede nella presenza di una quantità consistente di grassi e elementi di peso all’interno della ricetta, è quindi necessario che la maglia glutinica sia salda per poterne sostenere il carico, oltre a trattenere i gas della lievitazione e conferire struttura, solidità ma anche morbidezza.

Uova e grassi

Latte e burro rendono l’impasto più estensibile, malleabile, e avvolgendo le bolle di anidride carbonica che si formano durante la lievitazione, le stabilizza. L’alveolatura diventa così più omogenea e la struttura della mollica molto soffice.

Le proteine dell’uovo hanno invece proprietà schiumogene e coagulanti, soprattutto nell’albume, nonché emulsionanti, nel tuorlo.

La combinazione di questi elementi è la via più semplice e utilizzata per realizzare un bun etereo, di colore ambrato, sapore dolciastro e morbidezza irresistibile.

Non è certo l’unica strada per le nuvole.

Siete intolleranti a uova o latticini? Le alternative non mancano (e non parlo di margarina o additivi, per carità!), ma meritano un discorso a parte, magari con un episodio dedicato.

Inoltre, la dose di latte di una ricetta ben calibrata può essere sostituita con pari quantità di acqua.
Sacrificando qualcosa in sofficità si guadagna notevolmente in leggerezza, e se il processo è ben condotto e la cottura eseguita a dovere la shelf-life non è assolutamente a rischio.

Impasto diretto o indiretto?

Per impasto diretto s’intende un procedimento nel quale tutti gli ingredienti vengono miscelati in un’unica fase; diversamente, l’indiretto prevede una fase di pre-impasto con acqua, farina e un piccolo starter, al quale verranno aggiunti gli ingredienti mancanti dopo la prima fermentazione.

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Il tanto amato lievito madre non è nient’altro che un particolare tipo di pre-impasto.

Le caratteristiche di un impasto indiretto sono una maggior struttura, ottimo sapore e shelf-life lunga, ma pure una difficoltà di gestione più elevata (specie a casa) perché il risultato dipende dalla costanza di temperatura e umidità dell’ambiente scelto per la fermentazione del pre-impasto.

Inoltre proprietà organolettiche, durabilità e struttura sono già garantite da farina, grassi e uova presenti nella ricetta, quindi gli stessi risultati si possono raggiungere con la procedura più semplice.

Cottura

Al fine di ottenere quella nuvola di cui tanto abbiamo parlato, è indispensabile far evaporare l’umidità in eccesso nel minor tempo possibile, cercando di evitare che si formi la crosta classica delle forme di pane, che poco si sposa con le peculiarità di un brioche bun.

Per questo motivo, il consiglio è di stabilizzare la temperatura a 230 °C, e soprattutto di saturare l’ambiente di umidità attraverso un vaporizzatore e una ciotola colma d’acqua, che impedirà l’indesiderata reazione di Maillard sulla superficie esterna.

Per reazione di Maillard s’intende l’interazione tra zuccheri e proteine durante la cottura che produce colore e odore della crosta di pane appena sfornato.

Per verificare l’avvenuta cottura dei bun serve un doppio controllo: controllata con l’ausilio di un termometro a sonda la temperatura interna di 90 °C. (per forme di 100-120g. servono circa 10 minuti), infilzate uno stuzzicadenti nella mollica per accertarvi che sia completamente asciutta.