Da Glass Hostaria a Zì Umberto senza soluzione di continuità. Un palato milanese in gita a Roma

Il sole che annuncia la primavera, le mimose profumate, gli alberi in fiore. Un’emigrante milanese in gita a Roma si emoziona. È inevitabile. Più di tutto c’è gente per strada che cammina, visita, mangia, o semplicemente sta. Ci sono i bar con i tavolini al sole, che invitano al faticoso mestiere della lucertola primaverile. C’è il piacere della confusione, mentre tra le strade si insinua il pronostico pre-derby, il traffico del lungo Tevere da zigzagare in vespa.

Ci sono le puntarelle, i miei adorati carciofi e la famosa dibattuta carbonara, che ovviamente ho mangiato.

Ecco le tappe di un palato milanese in gita a Roma che parte dal patinato Glass Hostaria e arriva ar core de Roma (sfacciatamente Laziale) de Zì Umberto con egual soddisfazione.

Glass Hostaria, Vicolo del Cinque 58.
Servono alcuni istanti per capire che una volta varcata la soglia sei sempre nei vicoli densi di umanità di Trastevere. Il pluripremiato design del locale in netto contrasto con l’esterno non mi sconvolge. Mi distoglie all’inizio dai piatti, che pluripremierei più dell’arredamento. Solidi, studiati al dettaglio, insoliti, coraggiosi, esteticamente perfetti. Parto con “Pancia di maiale brasata, mele e mousse di erborinato”, ma rubo dal piatto di fronte anche l’ottima “Tartare di filetto di manzo con arancia, capperi, tobiko e salsa al wasabi, micro verdure”, proseguo con l’indimenticabile “Agnello al sumak, susine e topinambur speziato”, chiudo con la soddisfazione che sa di “Daquoise di nocciole, castagne, gelato al rosmarino”. La chef Cristina Bowerman, di cui si parla troppo poco, è entrata nella memoria del mio palato per sempre.

Caffè Propaganda, via Claudia 16.
Ci sono andata a pranzo, mi sono spiaggiata al sole in un tavolo di fianco alle grandi vetrate e non mi sono più alzata. Divani comodi, un grande bistrot parigino vista Colosseo, un menù ben studiato. Propaganda è un caffè che invita a rimanere. Dal piatto semplice a pranzo, ho mangiato una buona frittata mentuccia e pecorino ahimé non più garantita dalla sapienza di Arcangelo Dandini, cuoco che non ha bisogno di presentazioni ed ex collaboratore, alla pausa pomeridiana a suon di dessert goduriosi del bravissimo Stéphane Betmon. Ancora da lavorare sui tempi d’attesa, prezzi esosi che purtroppo lo tengono lontano dall’elezione spontanea a “caffè quotidiano”.

Aromaticus, via Urbana 134.
Buona l’idea, da rodare la macchina. Ne abbiamo parlato pochi mesi fa per segnalarvi l’apertura. Mi sono portata a casa con felicità le mie piantine di lemon grass e di cedrina. Ma sul pranzo rapido c’è ancora da lavorare un po’. Ottima la carta, che propone pochi piatti con accurata scelta della materia prima: tartare di fassona, carpaccio di baccalà, zuppa del giorno, insalate varie con combinazioni erbe insolite e gustose. Piatti studiati per offrire un buon pranzo veloce, se non fosse per i tempi d’attesa lunghissimi. Bella l’idea, la ricerca, la selezione dei prodotti in vendita (vasto assortimento di germogli, sali, peperoncini).

ConteStaccio, Via di Monte Testaccio 65b.
Ci vado per un appuntamento coll’amici de Roma. Aspettative al ribasso sul cibo, prontamente smentite da una cucina onesta e una buona esecuzione dei grandi classici (dalla amatriciana, a una buona tagliata cotta a puntino e un godibile tiramisù). Location non pettinata, immersa nello zump zump dei locali notturni di Testaccio, introdotta dalla scalinata arroccata sul Monte de’ Cocci, due sale all’interno, una ristorante l’altra dedicata alla musica, tanti tavoli e sedie fuori lungo le scale, pubblico “ggiovane”, qualche faccia nota del cinema romano in odor di Romanzo Criminale. Al ConteStaccio, scopro con meraviglia che si può ascoltare buona musica live e mangiare bene fino a notte fonda (cucina aperta fino alle 4). Servizio veloce, efficiente e soprattutto bello sorridente.

Zì Umberto, Piazza della Malva 11.
Chiami per prenotare e ti risponde “vièqqua che n’qualche modo se fa”. In effetti anche se è tutto pieno e vuoi pranzare fuori, zì Umberto ti apparecchia un tavolo con la tovaglia a quadri in mezzo alla Piazza. In pochi minuti, prima ancora di accorgerti che stai mangiando di fianco a Bernardo Bertolucci, ti accoglie un bel carciofo alla romana, seguito dalla doverosa carbonara e abbacchio scottadito. Un pranzo domenicale che ti fa venire voglia di replicarlo per tutte le restanti domeniche della tua vita.

[Crediti | Link: Dissapore, Immagini:Flickr/Frau Nocturna, Nessun Dove, Federico Cau, Trastevereh24]