Riso, la semina diventa una scommessa contro la siccità: “Siamo indecisi se seminare”

Il triangolo d'oro del riso è strozzato dalla siccità: molti agricoltori hanno preferito abbandonare la coltura.

Riso, la semina diventa una scommessa contro la siccità: “Siamo indecisi se seminare”

Arrendersi alla realtà dei fatti, alla dura legge della siccità: dati alla mano, la filiera del riso è stata una delle più colpite dal rigido cappio della crisi idrica che, da più di un anno a questa parte, strozza le campagne italiane. Le perdite più ingenti si sono in particolare registrate nei territori settentrionali dello Stivale, con il cosiddetto triangolo d’oro del riso – che collega la Lomellina, Vercelli e Novara – che ha sanguinato decine di migliaia di ettari. La legge della siccità, dicevamo; una dura regola che non concede sconti: senza acqua il raccolto soffre, e certe colture particolarmente “assetate” – come il riso, per l’appunto – si trovano a un crocevia importante. Con la crisi idrica che continua ad acuirsi, seminare è davvero la scelta migliore?

Tra indecisioni, cambi di rotta e fiumi di polvere

“Siamo indecisi se seminare, ne stiamo parlando tra noi della zona” ha raccontato all’AGI Enrico Saronni, agricoltore di Zeme, paese nella Lomellina pavese sulle rive di un affluente di un Po così magro da registrare un deficit del 61%. “Il fatto è che i Consorzi non possono garantirci l’acqua, viste le condizioni meteo” prosegue Saronni. “Potrebbe andare peggio dell’anno scorso”.

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Non stentiamo a crederlo: a un anno circa dai primi campanelli d’allarme della crisi idrica e dopo un arco estivo che è rimasto pesantemente macchiato dalla carenza d’acqua, la situazione continua a essere davvero complicata. “Si attraversano a piedi, nella polvere, il Po e il Sesia” spiega Roberto Francese, il sindaco di Robbio, un piccolo Comune vicino a Pavia. “Si profila una situazione ancora peggiore e questo anche perché è stato fatto zero, nonostante nelle varie tavole rotonde avessimo avanzato delle proposte valide e, in particolare, quella di creare dei bacini di accumulo che si riempiono quando piove e si rilasciano quando non piove, evitando la siccità”.

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Parole dure che accusano un immobilismo, un nascondere la testa sotto la terra, che ha costretto diversi agricoltori del posto ad abbandonare del tutto la coltura del riso in un disperato tentativo di difendere la propria attività. “Tanti coltivatori hanno rinunciato al riso preferendo colture invernali, che necessitano di meno acqua, come il grano e l’orzo” ha dichiarato ancora all’AGI Antonio Strada, imprenditore agricolo e vicepresidente di Confagricoltura Pavia. “Ci sono settemila ettari in meno di riso. Al momento, il lago Maggiore è in leggera salita anche se entra poca acqua. Questo perché si è fatto in modo di non farla uscire”.