Valpolicella, messa a riposo delle uve a Patrimonio Unesco: il dossier è pronto

Il dossier per la presentazione della candidatura della messa a riposo delle uve della Valpolicella a Patrimonio Unesco è finalmente pronto.

Valpolicella, messa a riposo delle uve a Patrimonio Unesco: il dossier è pronto

Abito delle grandi occasioni indossato, acconciatura fatta – la Valpolicella è ufficialmente pronta per l’Unesco. La rincorsa dura ormai da qualche mese, ma il traguardo si sta avvicinando sempre di più: è stato completato, infatti, il dossier per la presentazione della candidatura della tecnica della messa a riposo delle uve della Valpolicella a Patrimonio immateriale dell’Unesco – una tecnica che, come spiega come spiega lo stesso presidente del Consorzio, Christian Marchesini, consiste nel “lento appassimento delle uve che, appena raccolte, sono poste sulle arele ovvero su dei graticci di canna di palude”.

Dieci pagine per presentarsi all’Unesco

vino rosso

Il dossier redatto dal Comitato scientifico vanta dieci pagine che raccontano il lavoro di studio, analisi, raccolta di documenti e materiale video fotografico – un lavoro lungo e meticoloso che, se dovesse andare in porto, consegnerà alla Valpolicella (oltre all’ovvio riconoscimento come Patrimonio Unesco) il primato assoluto di iscrizione di una particolare pratica di vinificazione negli elenchi tutelati dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura.

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Stando a quanto lasciato trapelare il dossier si concentra sull’evidenziare il modo in cui la messa a riposto delle uve sia una tecnica che, di fatto, va a decretare l’assoluta unicità del Recioto e dell’Amarone, il solo nella folta schiera dei grandi rossi italiani a vantare l’uso di uve appassite. La tecnica della messa a riposto garantisce, per di più, una “funzione educativa, ambientale, di riscatto sociale e di inclusione” e come già accennato “una funzione enologica”, perché “senza questa tecnica i vini del territorio non esisterebbero”.

“Il dossier evidenzia che si tratta di una tecnica che rispecchia la storia sociale, politica, economica di questo territorio e ne manifesta la sua evoluzione” ha aggiunto a tal proposito Pier Luigi Petrillo, coordinatore del Comitato scientifico, professore e direttore della cattedra Unesco sui Patrimoni culturali immateriali dell’Università Unitelma Sapienza di Roma. “Il profondo radicamento culturale e identitario definisce la stessa architettura rurale della Valpolicella: un saper fare che da oltre 1500 anni identifica questa comunità”.

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Si tratta del legame tra “saper fare” e identità territoriale che di fatto sta tanto caro all’Unesco, e che potrebbe per l’appunto qualificare la Valpolicella allo scranno di Patrimonio immateriale. Quali saranno, però, i prossimipassi? Beh, è piuttosto semplice – il cammino è chiaro, anche se piuttosto difficile. Il documento verrà trasmesso al ministero della Cultura, a quello dell’Agricoltura e alla Commissione nazionale per l’Unesco; ossia l’organismo interministeriale che avrà la responsabilità di scegliere l’unica candidatura italiana da inviare a Parigi per una effettiva valutazione. Scadenza 30 marzo: staremo a vedere.