Pensateci, quando per il cenone di Capodanno (se siete fortunati, è ovvio) vi cucinerete un’aragosta. Quello stridìo che tanto fa impressione, emesso quando il crostaceo viene emesso vivo nell’acqua bollente, in molti Paesi del mondo è vietato dalla legge. Che sia un pianto o che sia un fischio generato dal vapore che esce dal carapace, è sicuramente un suono inquietante, che viene associato alla sofferenza dell’animale che andrà a condire il nostro spaghetto. Perché, pianto o no, essere bolliti vivi non è una morte che si augura a nessuno, figurarsi durante le feste di Natale.
Così, anche la Gran Bretagna si è unita alla lista di Paesi (la Svizzera, prima di tutti, e poi l’Olanda) che hanno deciso di vietare per legge di cuocere aragoste ed altri crostacei vivi, come tradizionalmente si è più o meno sempre fatto, nelle case come nei ristoranti. La normativa fa parte di un pacchetto di disposizioni varate dal Dipartimento per l’Ambiente, l’Alimentazione e gli Affari Rurali di Sua Maestà volta a migliorare il benessere degli animali. “Siamo un Paese che ha a cuore gli animali”, si legge nel decreto ministeriale, in cui si parla anche degli animali di allevamento (“Animali da allevamento più sani e felici aiuteranno gli agricoltori britannici a produrre cibo in modo sostenibile”) e degli incentivi per accelerare la transizione di un sistema delle galline ovaiole senza gabbie.
“A tutti gli animali dovrebbero essere risparmiati dolore, sofferenza e angoscia evitabili al momento dell’uccisione”. Aragoste comprese.
La battaglia di Giorgio Locatelli per le aragoste

A schierarsi per una morte più soft per le povere aragoste, ai tempi in cui in UK si era aperto il lungo dibattito sul tema, era stato anche lo chef italiano più famoso in Gran Bretagna, Giorgio Locatelli, che della necessità di anestetizzare i crostacei prima di cuocerli aveva fatto addirittura un affare di famiglia.
“Le ho sentite gridare”, aveva detto, ammettendo di essere rimasto impressionato anche lui, e unendosi alla schiera degli addetti ai lavori che sostengono questa pratica, vuoi per pietà, vuoi anche perché un animale meno sofferente e meno stressato è probabilmente anche più buono da mangiare.
Ma soprattutto, era stata la moglie di Locatelli, Plaxy, che si era molto arrabbiata nel vedere uno chef della Locanda Locatelli cucinare un’aragosta viva. Tanto da rendere la litigata memorabile allo chef, che ha deciso di non rischiare il divorzio a causa di un’aragosta mai più.
E ora è la legge inglese a vietare la sofferenza di poveri crostacei, garantendogli una morte meno traumatica, per quanto possibile. Resta da capire come farà il Governo britannico a controllare casa per casa, cucina per cucina, ma alla fine quello che conta è l’attività di sensibilizzazione, e da questo punto di vista questo è certamente un passo importante.
